Pubblicato in Altri diritti

Governare l’immigrazione, non “negarla”

by Cons. Lucia Tria della Corte di Cassazione on14 Settembre 2014

Cosa deve ancora accadere perché la comunità internazionale, a partire dall’ONU per poi arrivare anche all’Unione europea e ai singoli Stati membri capisca che il fenomeno dell’immigrazione va “governato” e non “subito” o negato o scaricato sulle spalle di chi si trova ad avere una particolare posizione geografica?

E questo certamente non vuole – e non può volere – dire che l’Italia o l’Europa debba accogliere tutti coloro che nelle aree a noi vicini hanno ragione di scappare dai loro Paesi. Significa invece che ci si deve impegnare per andare alle radici del fenomeno, per questo è necessario il coinvolgimento di tutto il mondo e, quindi, dell’ONU.

È evidente che solo così si può sperare di ottenere dei risultati durevoli, compreso quello di amministrare l’immigrazione - “sostenibile” - come una opportunità non solo per gli interessati – cui si deve comunque riservare un trattamento dignitoso”− ma anche per i Paesi ospitanti, visto che, secondo le parole di Helmut Schmidt l’Europa è un “piccolo continente”, che conta sempre di meno, rispetto agli altri, in termini di popolazione e di beni prodotti. Da qui la conclusione di Schmidt secondo cui, se teniamo a dimostrare che gli “ europei sono importanti per il mondo”, dobbiamo operare in stretta unione e si potrebbe aggiungere dobbiamo saper gestire l’immigrazione in modo differente, perché questo oltre ad essere conforme ai valori fondanti dell’attuale Unione europea può avere benefiche ricadute sull’economia, oltre a consentire di invertire la tendenza rispetto al senso di malessere, rassegnazione e, in sostanza, di declino che serpeggia ormai da tempo nel continente e nel nostro Paese più che in altri.

Fare questo significa anche ricordare che alla base del “progetto europeo”, secondo gli auspici di Winston Churchill, vi era l’idea di fare in modo che a tutti i componenti della «famiglia europea» – anche se immigrati – venisse data la «possibilità di godere di quelle semplici gioie e di quelle speranze che fanno sì che la vita valga la pena di essere vissuta».[1]

Poiché “chi non ha memoria non ha futuro”, sarebbe opportuno affrontare le difficili questioni attuali senza dimenticare questa ispirazione iniziale.

Essa, infatti, è tuttora valida e darle nuova linfa può risultare molto soddisfacente per tutti.

Facciamo di tutto, ognuno per la sua parte, perché questo patrimonio dia frutti sempre migliori, e non si disperda a causa di miopi e suicidi egoismi e particolarismi dei Governi, degli Stati e dei popoli e perché almeno si condivida l’idea che quando si intraprende un viaggio in mare ciò che conta è sapere che da qualche parte c’è un’altra “sponda” che ci attende e certamente non si pensa di trovarsi a morire, a volte anche soffocati dal corpo di un padre o di un fratello!

Certo partire dalla condivisione del riconoscimento del diritto alla vita è piuttosto “sconcertante”, visto che con tutti i principi che compaiono nelle nostre Costituzioni, Convenzioni, Trattati etc. di questo non si dovrebbe neppure discutere.

Comunque, può essere un inizio per arrivare, nel medio-lungo periodo, ad un diverso Sistema di asilo UE.

Non va, del resto, sottovalutato che uno degli obiettivi indicati nelle conclusioni del Consiglio UE tenutosi il 26 e il 27 giugno 2014 è proprio quello della gestione dell’immigrazione legale come una “opportunità”.

Nel medesimo Consiglio UE, data l’opposizione dei Paesi del Nord Europa, non è stato toccato, purtroppo, il principio-base che informa il Sistema di asilo UE, riguardante l’individuazione dello Stato competente per l’asilo, come invece era stato proposto dal nostro Paese.

In compenso sono state gettate le basi per poter finalmente dare vita a FRONTEX PLUS, allargandone l’operatività e così ponendo fine all’isolamento dell’Italia nel Mediterraneo.

Questa missione dovrebbe partire a novembre prossimo, almeno nelle intenzioni del Consiglio UE, con l’obiettivo di rafforzare la attività UE nel Mediterraneo in tema di immigrazione ed emergenza sbarchi e non è diretta a sostituire nell’immediato MARE NOSTRUM, prevedendosi che le due operazioni resteranno, seppure separate, e che spetterà poi eventualmente al governo italiano decidere la soppressione della seconda.

Presumibilmente si tratterà di una operazione più limitata nel campo di applicazione e nell’estensione geografica rispetto a MARE NOSTRUM, soprattutto perché l’adesione all’iniziativa è del tutto volontaristica da parte degli Stati UE, sicché tutto dipenderà – come ha sottolineato il Commissario agli Affari interni dell’UE Cecilia Malmström − da quanti Stati membri parteciperanno alla nuova missione e con quali mezzi.

Le modalità operative di FRONTEX PLUS non sono ancora del tutto definite, essendo solo stata comunicata l’adesione di Francia, Germania e Spagna.

Si tratta di adesioni importanti, ma se si riscontrassero altre numerose e significative adesioni si potrebbe sperare che la missione, grazie alle adesioni e a “buone pratiche”, non si limiti al pattugliamento e al controllo, ma al pari di MARE NOSTRUM si occupi anche delle questioni umanitarie.

E che, grazie alla fattiva cooperazione sul campo di Stati diversi, essa possa servire come “grimaldello” per ottenere la auspicata modifica della normativa sul diritto di asilo e fare sì che anche l’immigrazione “forzata” possa essere inclusa a buon diritto (visto che è legale) nell’ambito della immigrazione da gestire come opportunità.

Il nostro Paese può avere al riguardo un ruolo di primaria importanza, visto che la missione dovrebbe partire nel corso della presidenza italiana del Consiglio UE.

Siamo, quindi, tutti chiamati a metterci in “cammino” lungo questa strada e, in particolare, lo sono non soltanto coloro che direttamente parteciperanno alla missione (per il nostro e per gli altri Paesi) e le organizzazioni umanitarie, ma anche gli organi di informazione, gli avvocati e gli studiosi che, con professionalità e mezzi diversi, possono comunque da un lato “vigilare” e dall’altro contribuire alla formazione di una opinione pubblica maggiormente consapevole.


[1]Sono le parole pronunciate da Churchill nel famoso “Discorso alla gioventù accademica”, tenuto all’Università di Zurigo il 19 settembre 1946. Questo discorso è considerato come la prima tappa del percorso che portò alla firma del trattato di Londra (oggi conosciuto come Statuto del Consiglio d’Europa) che, il 5 maggio 1949, istituì il Consiglio d’Europa.

Poco dopo, il Ministro degli Esteri francese Robert Schuman, in collaborazione con Jean Monnet, redasse il famoso “piano Schuman”, pubblicato il 9 maggio 1950, giorno che oggi è considerato la data di nascita dell’Unione europea. 

Ultima modifica il 14 Settembre 2014