Pubblicato in Altri diritti

Il D.L. 12 settembre del 2014 n° 132 e la procedura di negoziazione assistita

by Avv. Francesco Mambrini on27 Settembre 2014

Con il D.L. 12 settembre 2014, n°132, pubblicato in G.U. in pari data, il Governo ha voluto introdurre nel nostro ordinamento una serie di strumenti aventi l’obiettivo di ridurre il numero di procedimenti pendenti presso i Tribunali civili italiani, con risultati apprezzabili in un arco medio-breve di tempo. 

L’elemento comune che caratterizza questi strumenti è la “degiurisdizionalizzazione”, per utilizzare un termine che lo stesso decreto riporta nel titolo. In sostanza, si sono voluti mettere a disposizione dei mezzi, istituire delle procedure e fornire nuovi poteri in capo a determinati soggetti per permettere di ottenere, senza più l’ausilio del giudice, dei risultati e degli effetti che precedentemente erano ottenibili solo con appositi provvedimenti giurisdizionali.

Il provvedimento si divide in VII capi, all’interno dei quali sono disciplinati i vari istituti introdotti. Tra questi, certamente uno di quelli che desta maggior interesse è il capo II (artt. da 2 a 11), che istituisce e regola la “procedura di negoziazione assistita da un avvocato”.

·         L'Istituto della Negoziazione assistita da avvocato.

L’istituto della negoziazione assistita da avvocato, con i suoi caratteri salienti, viene introdotto per la prima volta in Francia alla fine del 2010.

Sopratutto come risposta di una parte della classe forense alla criticata conciliazione in forma obbligatoria, introdotta con il D.lgs. n°28/2010, si discute anche in Italia riguardo all’introduzione di tale strumento, secondo diverse modalità.

L’elemento comune dei due istituti risiede nel mettere a disposizione della cittadinanza uno strumento alternativo a quello fornito dal giudice per la risoluzione delle controversie, attraverso una “degiurisdizionalizzazione” effettuata, nel caso della mediazione, attraverso la figura dell’organismo di mediazione e del mediatore, nella negoziazione assistita, attraverso la figura dell’avvocato negoziatore munito di nuovi e importanti poteri.

In particolare era stata presentata in Parlamento nel 2011 una proposta di legge (la n°4376) che introduceva e regolava l’istituto, riconoscendo alle parti il potere di autoregolamentazione dei loro rapporti e ai rispettivi avvocati un ruolo centrale nella giuridica definizione delle volontà da queste espressa. Degna di menzione è anche l’iniziativa in materia portata parallelamente avanti dall’Unione Triveneta dei Consigli dell'Ordine degli Avvocati.

·         La Negoziazione assistita da avvocato nel sistema del D.L. n°132/2014.

L’istituto, per come introdotto e disciplinato nell’ordinamento dal D.L. 12 settembre 2014, n°132, acquisisce dei caratteri particolari nuovi rispetto a quanto finora discusso e proposto, mantenendo tuttavia la maggior parte delle caratteristiche fondamentali sue proprie.

Fermi in tutti i casi alcuni elementi comuni l’istituto viene previsto in linea generale come volontario e, limitatamente ad alcune controversie, come requisito di procedibilità dell’azione. La negoziazione assistita volontaria, a sua volta, è prevista in tre sotto categorie, ciascuna con alcune varianti minime: quella in tema di diritti disponibili, quella avente per oggetto diritti del prestatore di lavoro di cui all'art.7 (la presente parte evidenziata è stata oggetto di modifica in sede di conversione. Consulta il seguente link http://www.lavocedeldiritto.it/index.php/altri-diritti/item/750-la-negoziazione-assistita-da-un-avvocato-dopo-la-conversione-del-d-l-12-settembre-2014-n-132 per le novità) e quella per la soluzione consensuale di separazioni personali, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio (art. 6).

·         La negoziazione assistita obbligatoria a pena di improcedibilità.

Considerato il suo forte impatto sull’ordinamento, dovuto alle limitazioni sulla procedibilità delle azioni che alla sua introduzione conseguono, occorre analizzare le caratteristiche ed il perimetro applicativo della procedura di negoziazione assistita obbligatoria, delimitando i casi in cui essa ricorre.

- Entrata in vigore dell'obbligo:

Va comunque in primis premesso che l'istituto della negoziazione assistita obbligatoria entrerà in vigore solo decorsi 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto che la introduce (comma 8). Al momento in cui si scrive, dunque, l’istituto ancora non risulta applicabile.

- Materie nelle quali è previsto l'obbligo di esperimento di un tentativo di negoziazione assistita:

In base all'articolo 3 del decreto possono individuarsi le azioni per le quali è prevista l’obbligatorietà della negoziazione assistita.

Sono soggette all’obbligo le controversie concernenti:

a)      risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti;

b)      In ogni caso ogni caso, domande di pagamento a qualsiasi titolo per somme non eccedenti i cinquantamila euro, quando non sia previsto ratione materiae l’obbligo di esperimento di conciliazione di cui al D.lgs. n°28/2010;

- Casi di esclusione dell'obbligo:

Tuttavia, è sempre escluso l’obbligo quando:

        i.            Le controversie concernano obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori (comma 1);

      ii.            In base al comma 3:

a)      nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione;

b)      nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all'articolo 696-bis del codice di procedura civile;

c)      nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata;

d)     nei procedimenti in camera di consiglio;

e)      nell'azione civile esercitata nel processo penale;

    iii.            nei casi in cui altre disposizioni speciali prevedano procedimenti obbligatori di mediazione e conciliazione comunque denominati;

    iv.            In base al comma 7, nei casi in cui la parte può stare in giudizio da sola (come, ad esempio, nelle cause di valore inferiore a €1.100,00 davanti al giudice di pace – art. 82, comma 1, c.p.c.).

Il comma 4 inoltre prevede il caso di quella che può ritenersi non una vera esclusione dell’obbligo di esperire il tentativo di negoziazione assistita, bensì la circostanza per la quale lo stesso non possa mai precludere provvedimenti urgenti o cautelari ovvero la trascrizione di domanda giudiziale. Deve dunque dedursi che, in tali casi, a seguito dell’ottenimento dei suddetti provvedimenti, stabilizzata dunque la situazione, sarà necessario procedere con il tentativo obbligatorio, ove necessario, prima di proseguire ogni ulteriore azione.

- Rapporti tra negoziazione assistita obbligatoria e ipotesi di conciliazione obbligatoria:

Da sottolineare, dal tenore complessivo delle norme sull’improcedibilità nei casi di obbligo di esperimento di negoziazione assistita, è la cedevolezza della stessa rispetto ad ogni procedura di conciliazione e mediazione nei casi in cui il suo esperimento sia obbligatoriamente previsto da normativa speciale e vi sia astratta sovrapposizione delle due procedure sulla medesima fattispecie (il riferimento è non solo alle materie previste dall’articolo 5 del D.lgs. n°28/2010 ma anche ad altre importanti ipotesi come la conciliazione obbligatoria nelle controversie con gli organismi di telecomunicazioni e nelle controversie relative al contratto di subfornitura disciplinato dalla legge n°192 del 1998).

Questo “principio di prevalenza” di ogni forma di mediazione e conciliazione, vale notare, si pone in senso opposto rispetto ai progetti finora presentati in materia di negoziazione assistita che, invece, optavano tendenzialmente per la soluzione diametralmente opposta di prevalenza della negoziazione sulla mediazione.

- Lo strumento della "condizione di procedibilità":

L’obbligatorietà è assicurata dalla normativa attraverso lo strumento della “condizione di procedibilità” della domanda giudiziale, già ampiamente sperimentato proprio con la conciliazione obbligatoria disciplinata dal D.lgs. n°28/2010.

La suddetta può essere rilevata d’ufficio dal giudice o dal convenuto, a pena di decadenza, non oltre la prima udienza. In caso tuttavia la negoziazione sia iniziata ma non sia terminata il giudice è tenuto a rinviare l’udienza ad una data successiva allo scadere del termine pattuito dalle parti per concludere la procedura.

Meno chiara la disposizione che disciplina il rinvio che deve disporre il giudice qualora la negoziazione non sia stata del tutto esperita. Il comma 1, dispone infatti che il giudice assegna alle parti un termine di 15 giorni per la comunicazione di invito e procede poi come nel caso di mancata conclusione di procedura già avviata, ovvero rinviando l’udienza dopo lo scadere del termine pattuito dalle parti per esperire la procedura. Tuttavia, in questo caso, non esiste ancora un termine di conclusione pattuito dalle parti. Dunque il giudice sarà tenuto a superare in via interpretativa l’aporia legislativa, scegliendo di rinviare o in maniera fissa oltre il termine minimo di un mese fissato dall’articolo 2, comma 2, lett. a) del decreto per esperire la procedura, oppure trascorso un termine ritenuto congruo per esperire la stessa, valutato discrezionalmente in base alla complessità della controversia.

- L'avveramento della "condizione di procedibilità":

Il comma 2 dell’articolo in commento, fissa il momento in cui deve ritenersi avverata la condizione di procedibilità nei casi in cui prevista. Si prevede che l’avveramento della condizione si abbia non solo qualora la procedura sia ovviamente esperita e conclusa, indipendentemente dall’esito, ma anche quando “l'invito non è seguito da adesione o è seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione ovvero quando è decorso il periodo di tempo di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a).

Il riferimento è dunque, nella seconda ipotesi, ai casi in cui la procedura sia stata avviata e sia decorso il termine pattuito, senza che la dichiarazione di mancato accordo sia stata formalizzata o sia stata concordata tra le parti una proroga del termine per concludere la procedura.

In tutti i suddetti casi quindi qualunque parte potrà avviare l’azione giudiziale senza rischio di vedersi efficacemente eccepire il mancato avveramento della condizione di procedibilità.

- Negoziazione assistita obbligatoria e difesa dei non abbienti:

Un ultimo riferimento va compiuto al comma 6 dell’articolo in commento. Con una disposizione che certo farà discutere, si prevede che, nei casi in cui obbligatoriamente la procedura di negoziazione assistita debba essere esperita e la parte che si rivolge all’avvocato sia nelle condizioni di essere ammessa al gratuito patrocinio, all’avvocato non è dovuto alcun compenso.

Per provare il suddetto stato la parte può presentare dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, la cui sottoscrizione può essere autenticata dall’avvocato medesimo, ovvero produrre, se l’avvocato lo richiede, documentazione necessaria e comprovante la veridicità di quanto dichiarato.

Va a riguardo ricordato, per fornire un quadro esaustivo della questione, che l’attuale legge forense (l. n°247/2012) detta all’articolo 14 la libertà in capo all’avvocato di accettare o meno l’incarico.

Può immaginarsi, dunque, un concreto vulnus al diritto di difesa costituzionalmente garantito di un soggetto che si presenti da un avvocato munito di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, attestante la condizione idonea per ammesso al gratuito patrocinio, con lo scopo di incaricare il suddetto dell’assistenza nell’esperimento della procedura in commento. È concretamente ipotizzabile, infatti, che l’avvocato, non essendo obbligato a ricevere l’incarico, sarà molto restio ad accettare gratuitamente lo stesso.

Se lo accettasse, oltretutto, lo stesso si troverebbe in una situazione di grosso conflitto di interesse tale per cui egli otterrebbe solo un vantaggio, dal punto di vista personale, a discapito però del cliente e del dovere di fedeltà allo stesso, dal far “naufragare” rapidamente la procedura. In tal modo, infatti, l’avvocato potrebbe più proficuamente sperare di ottenere un qualche onorario, pur a spese dello Stato, proseguendo la pratica in sede giudiziale.

Né d’altronde può essere pattuito che l’avvocato percepisca come compenso in tutto o in parte una quota del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa, qualora si raggiunga un accordo negoziale sulle questione. Simile accordo infatti, pur attenuando fortemente il conflitto di interesse segnalato in capo all’avvocato, incentivando anzi lo stesso ad addivenire ad un accordo transattivo, rientrerebbe tra i patti vietati all’avvocato in base all’articolo 13 della l.n° 247/2012. Il medesimo sarebbe così nullo.

Si augura dunque una modifica di tale disposizione in qualche senso per fugare ogni dubbio di costituzionalità e garantire al meglio i diritti del cittadino.

Ultima modifica il 08 Gennaio 2015