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IL TRAMONTO DEL GIUDIZIO CONTUMACIALE: UNO SGUARDO ALLA LEGGE N.67/2014 E ALLE SUE APPLICAZIONI INTERTEMPORALI

by Dott.ssa Mariangela De Cesare on07 Ottobre 2014

Il Capo III della legge n. 67 del 28 Aprile 2014, rubricata “Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili”, reca un’ampia serie di disposizioni orientate a ridefinire, nel suo complesso, la disciplina del processo penale nel caso di mancata costituzione in giudizio dell’imputato.

E’ opportuno, anzitutto, operare una ricostruzione sistematica dell’ampio intervento apportato sul corpo del codice di rito.

Prima della citata novella, al momento in cui, chiamato il processo, il giudice verificava la regolare costituzione delle parti in udienza preliminare o in dibattimento, l’imputato poteva essere:              

a) presente, se materialmente in aula; b) assente, se, anche se impedito, aveva chiesto o consentito che l’udienza fosse celebrata in sua assenza ovvero, se detenuto, aveva rifiutato di assistervi; c) contumace, quando, ritualmente citato, non compariva in udienza senza che sussistesse un legittimo impedimento .

In una prospettiva del tutto differente, invece, l’intervento riformatore in oggetto pone fine al giudizio contumaciale “espresso” ma non alla possibilità di celebrare il processo in caso di “assenza informata” dell'imputato. L’art. 9, infatti, nel sostituire il testo dell’art. 420-bisora rubricato “Assenza dell’imputato” consente la celebrazione del processo “in assenza” in tre ipotesi tassative: -rinunzia espressa: quando l'imputato, libero o detenuto, non sia presente all'udienza e, anche se impedito, abbia espressamente rinunciato ad assistervi; -rinunzia tacita: quando sussistano determinate condizioni dalle quali possa desumersi la conoscenza del procedimento, individuate dal legislatore nei casi indicati dal nuovo art.420-bis co.2 ; -volontaria sottrazione alla conoscenza del procedimento o di atti dello stesso.

Al contempo, è resa obbligatoria la sospensione del procedimento nei confronti del soggetto assente ma “irreperibile incolpevole”. In particolare, l’art. 9 ha sostituito altresì il testo dell’art. 420-quater c.p.p., ora rubricato “Sospensione del processo per assenza dell'imputato”, stabilendo che se l'imputato non è presente il giudice rinvia l'udienza e dispone che l'avviso gli sia notificato  personalmente ad opera della polizia giudiziaria.

Nel caso in cui tale tentativo di notificazione risulti impossibile il giudice, sempre che non debba essere pronunciata sentenza di non luogo a procedere, dispone con ordinanza la sospensione del processo nei confronti dell'imputato assente. Durante la sospensione il giudice, con le modalità stabilite per il dibattimento, acquisisce, a richiesta di parte, le prove non rinviabili.Il procedimento resta sospeso per un tempo non superiore ad un anno, allo scadere del quale vanno compiute nuove ricerche dell'imputato che possono portare alla revoca della sospensione nell'ipotesi di “prova certa” della intervenuta conoscenza del procedimento. Durante l'irreperibilità dell'imputato, il corso della prescrizione è sospeso.

Nella stessa direzione si pongono le novità introdotte in tema di impugnazioni. Il nuovo art. 625- ter c.p.p., recante l’inedito istituto della “rescissione del giudicato”, infatti, stabilisce che coloro che siano stati condannati e/o sottoposti a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato e pronunciata all’esito del processo integralmente celebratosi in assenza, possono richiedere alla Corte di Cassazione di rescindere il giudicato, provando che la propria assenza sia dovuta ad una incolpevole ignoranza del processo.

In altri termini, la novella de qua impone un radicale “cambiamento di mentalità” sul fondamentale tema della validità del processo nei confronti dell'imputato che non compare in udienza: l'asse del controllo giurisdizionale viene così spostato dal tradizionale tema della verifica di validità formale della notifica di un atto a contenuto informativo a quello della concreta percezione e ricostruzione del suo effetto.

L’attenzione rivolta dal nostro legislatore al tema del definitivo superamento della disciplina della contumacia, a ben vedere, è figlia del progressivo allineamento del sistema processuale italiano alle numerose sollecitazioni e condanne della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in tema di diritto alla effettiva conoscenza del procedimento. [1]

Tra le decisioni degne di maggior nota vi è sicuramente la sentenza Colozza [2], con la quale la Corte Europea ha condannato l’Italia per violazione dell’art. 6, § 1, CEDU proprio in considerazione della disciplina dettata per la celebrazione del giudizio in contumacia ed, in particolare, per l’assenza di rimedi volti a garantire all’imputato, una volta avuta notizia del processo a suo carico, la possibilità di ottenere che un organo giurisdizionale «si pronunci di nuovo dopo averlo ascoltato sulla fondatezza dell’accusa portata contro di lui».

Analoghi rilievi, in sede sovranazionale, sono stati riproposti con le decisioni Sejdovic e Somogyi [3]. Più approfonditamente, nelle due pronunce si è sottolineato che la rinuncia a partecipare al processo da parte dell’imputato presuppone che si sia accertato che il condannato sia stato effettivamente e ritualmente informato della natura e dei motivi dell’accusa :infatti, una conoscenza ipotetica e non ufficiale non soddisfa le esigenze della Convenzione, posto che, avvisare una persona del procedimento avviato a suo carico costituisce «un atto giuridico di un’importanza tale da dover rispondere a condizioni formali e di merito poste a garanzia dell’effettivo esercizio dei diritti dell’imputato» .

Di qui l’inadeguatezza delle disciplina della contumacia che, sotto le mentite spoglie della facoltà dell’imputato di non comparire in giudizio come garanzia del diritto di difesa, cela in realtà una delle più “sorprendenti” contraddizioni con i principi del giusto processo.[4]

Si è così innescato quel faticoso e spesso non sempre soddisfacente “cammino di riforma” che,  prendendo le mosse  dal disegno di legge n. 2664 del 2007 (c.d. decreto “Mastella”) - recante una dettagliata disciplina in materia di sospensione del processo in caso di imputati irreperibili e in materia di notificazioni - e passando per la legge n. 60 del 2005 [5] con cui si è intervenuti sull’istituto della restituzione in termini, ha trovato il suo “punto di arrivo” nella riforma dello scorso aprile.

La novella recentemente approvata, tuttavia, è orfana di una normativa transitoria: ciò comporterebbe la sua applicazione immediata in virtù del principio tempus regit actum. Di qui la necessità di ricercare “soluzioni equilibrate” per i procedimenti penali ancora in corso.
Sono state così tracciate differenti ipotesi di disciplina intertemporale non sempre univoche e tra loro concomitanti.

Pertanto, di fronte ad uno scenario ricco di incertezze interpretative e  posizioni contrastanti ha preso corpo la Proposta di legge n.2344 (Ermini-Ferrantini), volta alla introduzione di un regime transitorio per l’applicazione della disciplina della sospensione del procedimento penale nei confronti degli irreperibili . La proposta  normativa, necessaria per evitare incertezze applicative soprattutto connesse al regime delle impugnazioni avverso lesentenze emesse in passato nel corso di processi celebrati in absentia, ha trovato seguito nella l. 118/2014 dell’11 Agosto che ha introdotto, nella l. n. 69/2014, l’art.15-bis.

La nuova norma contiene due regole, la seconda delle quali caratterizzata da un’eccezione contenute rispettivamente nel primo e nel secondo comma.

Funditus, come regola generale, si prevede che le nuove disposizioni trovino applicazione nei giudizi di primo grado in cui al 17 maggio 2014 (data di entrata in vigore della novella) non sia stata pubblicata, mediante lettura del dispositivo, la sentenza.

In questi processi, dunque, il giudice, anche se vi sia stata dichiarazione di contumacia, è tenuto a verificare la situazione dell'imputato alla luce della nuova normativa.

La seconda regola, invece, stabilisce che negli altri processi in cui l'imputato sia stato dichiarato contumace si applichino  le disposizioni previgenti, ad eccezione del caso in cui la dichiarazione di contumacia sia stata preceduta dall’emissione di un decreto di irreperibilità: in quest’ultima ipotesi trovano applicazione le nuove disposizioni. L'eccezione de qua ha come destinatario naturale il giudice d'appello, il quale è, dunque, tenuto a verificare la concreta situazione dell'imputato, dichiarato irreperibile, alla luce della nuova normativa.

L’analisi delle modifiche illustrate, seppur sinteticamente, nel corso di questa disamina lascia intravedere un disegno complessivo del legislatore non sempre coerente con l’obiettivo di fondo, rappresentato dalla razionalizzazione di un sistema più volte ritenuto insufficiente ed inidoneo in sede sovranazionale. L’impianto della nuova legge tende, senza dubbio, a rafforzare il tema della effettiva conoscenza del procedimento da parte dell’imputato al di là della formale validità della notifica dell’atto introduttivo del giudizio, sia pure nell’ambito di un testo che lascia inalterata la conformazione di altri istituti (tra cui notificazioni, elezione di domicilio).

Dunque è evidente che nella costruzione normativa, sostanzialmente di mediazione con l’attuale panorama legislativo, vi è la presa d’atto di una possibile “smagliatura” tra la conoscenza effettiva del procedimento e la conoscenza effettiva del processo[6].

Aderire, infatti, ad una lettura “debole”della conoscenza del mero procedimento (inteso come esistenza di una indagine a proprio carico) significherebbe trasferire sull'indagato un dovere di attivarsi e di cooperare allo scopo di conoscere in modo effettivo i termini contenutistici dell'eventuale addebito. Mutatis mutandis, a fronte della fissazione di uno standard probatorio troppo elevato in capo all’imputato che si pretende incolpevolmente assente, vi è il rischio che si finisca per frustrare totalmente il pur ampio ventaglio di conseguenze restitutorie approntate ex novo dal Parlamento.[7]

In questo quadro, pertanto, potrebbe concretizzarsi il pericolo della riapertura di nuovi scenari per un contenzioso in materia proprio dinanzi alla Corte di Strasburgo.


[1] MANGIARACINA, Garanzie partecipative e giudizio in absentia, Torino, 2010, 323 ss.

[2]Sentenza Colozza c. Italia del1985

[3]Sentenze CEDU Somogyi c. Italia n. 67972/01 del 18 maggio 2004 e Sejdovic c.Italia n. 56581/00 del 10 novembre 2004

[4] UBERTIS, L’adeguamento italiano alle condanne europee per violazione dell’equità processuale, in AA.VV., Giurisprudenza europea e processo penale italiano, a cura di Balsamo e Kostoris, Torino, 2008, 109.

[5] UBERTIS, Come rendere giusto il processo senza imputato, in Leg. Pen., 2004, 610. 14 con riferimento alla disciplina introdotta dal d.l. 17/2005.

[6]  MAGI, La rinunzia tacita e la volontaria sottrazione: brevi riflessioni sulla distinzione tra conoscenza del procedimento e conoscenza del processo, in Questione Giustizia.

[7]  QUATTROCOLO, Il contumace cede la scena processuale all’assente mentre l’irreperibile l’abbandona: riflessioni a prima lettura sulla nuova disciplina del procedimento senza imputato,in Diritto Penale Contemporaneo, aprile 2014.

Ultima modifica il 07 Ottobre 2014