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L'autorefezione ai tempi del COVID. L'importante pronuncia del Consiglio di Stato.

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2 dicembre 2020 n. 7640

Presidente Estensore Dott. Sergio Santoro

commento a sentenza

“La richiesta di consumare individualmente il proprio pasto in linea di principio deve dunque ammettersi e può essere accolta, seppure secondo modalità che favoriscano la socializzazione degli alunni, ma soprattutto ne azzerino i rischi in materia di salute e sicurezza, in applicazione analogica dell'art. 26, quinto comma, del D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (su tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), ed in ogni caso sotto la vigilanza del corpo docente”.

 

ANALISI DEL CASO

La vicenda definita con la sentenza in commento trae origine dal ricorso incardinato dinanzi al TAR per la Lombardia, sede di Brescia, da parte dei genitori degli alunni di una scuola primaria che, nell’ambito dell’organizzazione scolastica che prevede quattro rientri obbligatori settimanali, negava agli alunni che avevano rifiutato il servizio di ristorazione collettiva di consumare gli alimenti di preparazione domestica nei locali adibiti a refettorio.

Parte ricorrente, stante la possibilità di scegliere, in luogo della mensa scolastica, un pasto domestico da consumare nei locali scolastici nell’orario destinato alla refezione, lamentava una grave discriminazione nei confronti degli alunni che avevano scelto tale opzione i quali non venivano ammessi a consumare i pasti nel refettorio comune al pari degli altri studenti e ai quali si negava, in quel segmento temporale, la sorveglianza del personale scolastico.

Il TAR di Brescia rigettava il ricorso di parte ricorrente, motivando la decisione in ragione dei rischi di contaminazione e scambio degli alimenti tra gli studenti argomentando che “la pretesa dei ricorrenti va prudentemente bilanciata con il corrispondente diritto degli altri discenti (e dei loro genitori) a che ogni attività svolta all’interno della scuola sia svolta in condizioni di ragionevole sicurezza”.

I ricorrenti proponevano appello al Consiglio di Stato che, riformando integralmente la sentenza di primo grado, lo accoglieva ponendo l’accento sui diritti degli studenti, anche costituzionalmente garantiti, di prendere parte ad un importante momento educativo e rimarcando come la vigilanza da parte del personale scolastico debba sempre essere garantita, anche nell’orario di mensa.

 

COMMENTO

Quello della refezione è un momento molto importante nell’educazione di un bambino e, come tale, merita particolare attenzione al pari di ogni altra attività scolastica. Il pasto, difatti, non è solo una parentesi necessaria per il soddisfacimento di esigenze nutrizionali ma è anche uno spazio educativo e di promozione della salute dei bambini.

Sul punto sono concordi le Amministrazioni, il Legislatore e la giurisprudenza maggioritaria, seppur talvolta con dubbi interpretativi nell’applicazione pratica di tali principi, per la necessità di un contemperamento di interessi contrapposti e per l’efficace organizzazione delle strutture e del personale scolastico.

Se sussiste il diritto di scegliere un pasto domestico da consumarsi nell’orario destinato alla refezione e se il modello scolastico adottato prevede quattro rientri pomeridiani obbligatori, è necessario raccordare le posizioni di coloro che scelgono l’autorefezione e di coloro che, invece, si affidano alla refezione scolastica, in modo che da entrambi i lati non vi siano discriminazioni né rischi per la salute e la sicurezza.

Assume centrale rilievo in tal senso il concetto di “tempo scuola” che inequivocabilmente comprende il “tempo mensa” (si vedano sul punto l’art. 6 del d.lgs. 13 aprile 2017, n. 63, art. 130, co. 2, d.lgs. n. 297/1994, art. 5 D.P.R. n.  89/2009, il D.M interministeriale 6 luglio 2010, n. 55 e il D.M. 3 novembre 2011), come ribadito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione (ord. 11 marzo 2019) le quali hanno avuto modo precisare che “se il servizio mensa è compreso nel "tempo scuola", è perché esso condivide le finalità educative proprie del progetto formativo scolastico di cui esso è parte, come evidenziato dalla ulteriore funzione cui detto servizio assolve, di educazione all'alimentazione sana. […] Alla suddetta finalità educativa concorre quella di socializzazione che è tipica della consumazione del pasto "insieme", cioè in comunità […] al rafforzamento delle attitudini all'interazione sociale”.

Ne deriva, trattandosi di “tempo scuola”, che non possa essere negata agli allievi non aderenti al servizio mensa la dovuta sorveglianza, cosa che, peraltro, violerebbe le prescrizioni normative in merito (sul punto si segnalano l’art. 7 del D. Lgs. n. 59/2004, la circolare n. 29/2004 nonché l’art. 131 del T.U. d’Istruzione). Relativamente a tale aspetto la pregevolissima sentenza del Consiglio di Stato in commento sottolinea come la vigilanza durante il “tempo mensa” debba essere affidata al personale insegnante considerando che, trattandosi di modulo obbligatorio con quattro rientri settimanali, non può che ricomprendersi nell’orario scolastico nel suo complesso anche quello dedicato alla refezione pregno, come già descritto, di spunti educativi e formativi per l’alunno. Diversamente opinando, come sapientemente precisa il Consiglio di Stato, vi sarebbe una ingiustificata limitazione delle libertà individuali.

A tali conclusioni non possono opporsi deduzioni circa la necessità di separare i discenti che scelgono l’autorefezione da coloro che, invece, scelgono la mensa scolastica per ragioni di organizzazione del personale scolastico in quanto, come ben osserva il provvedimento in commento, gli spazi dedicatati alla mensa se sono sufficienti per coloro che utilizzano i servizi collettivi sono sufficienti anche per coloro che liberamente scelgono di non utilizzarli.

Allo stesso modo non appaiono richiamabili argomentazioni circa i rischi igienico sanitari, sui quali l’ammirevole pronuncia in analisi ha avuto modo di argomentare che, anche in ragione del delicato momento storico e dell’emergenza epidemiologica ormai in atto da un anno, si dovranno riorganizzare in maniera più attenta anche i servizi di mensa e che, invero, la soluzione proposta dai ricorrenti di far consumare ai discenti pasti ad esclusiva preparazione dei genitori, sicuramente potrebbe essere vantaggiosa e assicurare maggiormente, proprio da un punto di vista igienico e sanitario, una piena tutela dei bambini.

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2 dicembre 2020 n. 7640

Ultima modifica il 09 Dicembre 2020