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La parabola evolutiva dell’europeizzazione del diritto amministrativo italiano: dai primi passi all’europeizzazione della cultura amministrativa. Intervista a Gabriele Pepe, avvocato e ricercatore

by Dott.ssa e giornalista Roberta Nardi on25 Aprile 2014

Ad appena un mese dall’anniversario con cui si celebra ogni anno il Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea e nel giorno in cui è più viva la memoria di quel periodo che nel nostro Paese ha segnato l’inizio di un difficile percorso verso l’instaurazione di un ordinamento repubblicano e democratico, nell’autentico spirito di questa rivista riteniamo oggi opportuno soffermarci brevemente su una piccola rivoluzione in atto ormai da tempo e che sta coinvolgendo un settore vitale dell’espressione dell’autorità statale e nazionale di ogni Paese europeo.

Il diritto amministrativo, un tempo espressione esclusiva dei pubblici poteri nazionali, è oggi interessato da un originale fenomeno che lo sta portando a travalicare i propri originari confini per aprirsi verticalmente ed orizzontalmente alle influenze di altri ordinamenti, statali e sovranazionali.

In un panorama delle fonti giuridiche, ormai pluralistico e multilivello, il diritto dell'Unione europea sta infatti progressivamente plasmando gli apparati giuridici nazionali, alterandone le originarie caratteristiche.

Si tratta di un fenomeno in atto da tempo e che sta interessando diversi settori del nostro ordinamento. Espressione di questo cambiamento è sicuramente l’attività della Corte di Giustizia europea, simbolo molto spesso dell’intervento capillare dell’ordinamento comunitario nella definizione e nella tutela dei diritti di quelle fasce meno garantite di cittadini. Muovendosi lungo un asse che va dal riconoscimento di nuovi diritti fino all’ampliamento di quelli già formalmente riconosciuti, la Corte di Giustizia ha in più di un’occasione esercitato un’effettiva attività di contrasto verso diverse forme politiche e sociali di “numero chiuso” presenti nei singoli ordinamenti nazionali.

Lavoratori e studenti, tra gli altri, guardano tutt’oggi alla Corte Europea come l’ultimo baluardo attraverso cui difendere diritti che le costituzioni nazionali riconoscono ma che a volte trovano un’applicazione contraddittoria nei rispettivi Paesi.

E’ un fenomeno evidentemente complesso, oggetto di studio quotidiano da parte degli addetti ai lavori e che indubbiamente involge diverse problematiche.

Particolare attenzione ha suscitato lo studio dell’incidenza della normativa europea sull’attività della pubblica amministrazione. Principi come quelli della certezza del diritto, del legittimo affidamento e del giusto procedimento, già riconosciuti dal nostro legislatore, hanno trovato una maggiore applicazione grazie al riconoscimento di quel principio di effettività della tutela assurto dalla Corte di Giustizia tra i principi fondanti dell’ordinamento europeo.

Per diventare quella “Comunità di diritto” definita e immaginata da Walter Hallstein, primo presidente della Commissione europea e presidente dal 1986 della Corte di Giustizia, lo spazio giuridico dell’Unione Europea è chiamato a consentire un ampliamento degli spazi di libertà del cittadino ridimensionando i profili più imperativi dell’attività amministrativa.

Un punto di vista interessante sulla questione è a nostro avviso offerto da una recente monografia dell’Avvocato e dottore in ricerca Gabriele Pepe, il quale ha avuto modo di approfondire natura e caratteri dei principi generali europei, soffermandosi principalmente sugli effetti normativi che gli stessi hanno nell’ordinamento amministrativo italiano.

Il fil rouge della sua indagine è rintracciabile nella tesi secondo cui i principi generali dell'ordinamento europeo, coniati e sviluppati dalla Corte di giustizia, stiano conformando capillarmente i rapporti tra potere pubblico e cittadini, da un lato, limitando privilegi e abusi delle autorità amministrative, dall'altro, valorizzando le libertà e le pretese dei c.d. amministrati.

Per una panoramica sul tema ci troviamo oggi proprio in compagnia di Gabriele Pepe, avvocato e ricercatore di diritto amministrativo.

·      Nel Suo lavoro monografico dal titolo "Principi generali dell'ordinamento comunitario e attività amministrativa" Lei definisce il diritto amministrativo italiano come un “diritto sempre più europeo”. Potrebbe spiegarci meglio il senso di tale affermazione?

Sin dal XIX sec. il diritto amministrativo ha fedelmente rispecchiato le tradizioni giuridiche di ciascuna Nazione, in omaggio ad una concezione "statocentrica" riconducibile al dogma della statualità del diritto.

Dunque, per decenni, il diritto amministrativo è stato il prodotto di un'autoreferenziale elaborazione statale, impermeabile ad influenze esterne.

La crisi delle mitologie giuridiche del positivismo (sovranità statale, primato della legge, rigida separazione dei poteri, gerarchia delle fonti), iniziata nel corso del XX sec., ha innescato un processo di progressiva apertura della produzione normativa, attraverso fenomeni di legal transplants e cross-fertilization fra ordinamenti.

La nascita delle Comunità europee (oggi Unione europea), accompagnata da un'inarrestabile globalizzazione economica e giuridica, consacra la carsica e progressiva "europeizzazione" dei diritti amministrativi domestici.

La primazia delle fonti europee sulle fonti interne (anche di rango costituzionale) impone, infatti, al legislatore ed alla giurisprudenza nazionali l'osservanza dei principi e delle regole dell'ordinamento UE. Conseguentemente il diritto amministrativo italiano viene ad essere profondamente conformato dalla normativa sovranazionale in un sistema delle fonti ormai policentrico, concorrente e multilivello.

Una europeizzazione che, in ragione del primato del diritto sovranazionale sul diritto interno, impone un'apertura (verticale) degli Stati al diritto europeo, determinando altresì meccanismi spontanei di apertura (orizzontale) tra ordinamenti attraverso processi di imitazione ed osmosi fra sistemi giuridici, un tempo distanti ed ora sempre più vicini.

·      Il diritto amministrativo, quindi, è sempre più proiettato in una dimensione giuridica europea.   Quale obiettivo, in particolare, impongono i principi comunitari alle amministrazioni nazionali?

Nel corso dei decenni i principi generali dell'ordinamento comunitario, elaborati e definiti dalla Corte di giustizia, si sono infiltrati con imprevedibile capillarità nei sistemi giuridici nazionali, conformandone in via diretta o riflessa i principali istituti.

In particolare, nell'area del diritto amministrativo italiano i principi europei hanno svolto un ruolo determinante nell'evoluzione in senso democratico dei rapporti tra il potere pubblico e i cittadini, imponendo un'evoluzione dell'azione amministrativa dall'autorità alla libertà, dall'unilateralità alla consensualità, dalla gerarchia alla paritarietà.

Il procedimento amministrativo diviene, oggi, luogo della rinnovata centralità del cittadino attraverso la valorizzazione delle situazioni soggettive di cui egli è portatore.

Inoltre, in base al primato del diritto europeo sul diritto italiano, sia i giudici sia le pubbliche amministrazioni nazionali sono tenute ad osservare nonché a fornire piena attuazione ai principi sovranazionali, anche disapplicando norme interne con essi in conflitto.

In definitiva i principi generali dell'ordinamento comunitario rappresentano un nuovo parametro di legittimità dell’azione di tutti i pubblici poteri, europei e nazionali, legislativi e amministrativi.

·      Non è più “tempo di solitudini per il giurista”. Questo concetto, compiutamente espresso nel Suo elaborato, è veramente interessante. Potrebbe raccontarci la Sua visione del giurista del terzo Millennio?

Per troppo tempo il giurista italiano ed europeo, sotto l'influenza della scuola pandettistica tedesca, ha vissuto in una solitaria turris eburnea, elaborando metodi di indagine e soluzioni lontane dal contesto sociale e politico di riferimento.

Le tumultuose ed incessanti trasformazioni che hanno segnato negli ultimi decenni i processi  politici, economici e culturali hanno imposto al giurista un cambio di paradigma, costringendolo a venir fuori dal proprio tradizionale isolamento per adeguare tecniche e schemi giuridici ad una realtà in perenne evoluzione.

Con la rivisitazione dei capisaldi della tradizione giuspositivista (piena sovranità statale, centralità della legge, gerarchia delle fonti, separazione dei poteri), il giurista del Terzo Millennio è chiamato ad immergersi completamente nel mondo che lo circonda, per cogliere ogni aspetto (politico, sociologico, economico) dei fenomeni oggetto di indagine.

Eclettismo, pragmatismo e trasversalità di analisi devono oggi arricchire lo strumentario del giurista moderno che voglia affrontare con successo le nuove sfide della modernità.

Ringraziamo l’Avv. Pepe per la sua grande disponibilità e per il momento lo salutiamo in attesa di un nuovo incontro, ove speriamo potrà soddisfare ulteriori nostre curiosità sul tema.

Ultima modifica il 01 Ottobre 2014