
L'abilitazione scientifica nazionale richiede il possesso cumulativo di tutti i requisiti previsti dall'art. 6, d.m. n. 120/2016 (ossia l'essere in possesso di almeno tre titoli tra quelli scelti dalla Commissione; ottenere una valutazione positiva dell'impatto della produzione scientifica attestata dal possesso da parte del candidato di parametri, in almeno due indicatori, almeno pari ai valori soglia determinati per il settore concorsuale dal d.m. n. 589/2018; presentare pubblicazioni, ai sensi dell'art. 7 del d.m. n. 120/2016, valutate in base ai criteri di cui all'art. 4 del sopra citato decreto e giudicate complessivamente di qualità "elevata"; cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. IV, 18/01/2022, n.552).
A sua volta, l’art. 4 del d.m. n. 120/2016 dispone che “La Commissione valuta le pubblicazioni scientifiche presentate dai candidati ai sensi dell'articolo 7, secondo i seguenti criteri: a) la coerenza con le tematiche del settore concorsuale o con tematiche interdisciplinari ad esso pertinenti; b) l'apporto individuale nei lavori in collaborazione; c) la qualità della produzione scientifica, valutata all'interno del panorama nazionale e internazionale della ricerca, sulla base dell'originalità, del rigore metodologico e del carattere innovativo; d) la collocazione editoriale dei prodotti scientifici presso editori, collane o riviste di rilievo nazionale o internazionale che utilizzino procedure trasparenti di valutazione della qualità del prodotto da pubblicare; e) il numero e il tipo delle pubblicazioni presentate nonché la continuità della produzione scientifica sotto il profilo temporale; f) la rilevanza delle pubblicazioni all'interno del settore concorsuale, tenuto conto delle specifiche caratteristiche dello stesso e dei settori scientifico-disciplinari ricompresi”.
Va quindi affermato che, come ogni fattispecie normativa rivolta a conformare l’espressione di giudizi da parte di organi amministrativi ai fini di procedure di tipo idoneativo, anche il procedimento di abilitazione scientifica nazionale di cui al d.m. 120/2016 si fonda sulla formazione di giudizi di valore che integrano la realizzazione dell’interesse pubblico all’accertamento in capo al candidato, di quelle determinate qualità soggettive che sono presupposte al titolo da conseguire.
Il ricorrente impugnava il proprio giudizio di “non idoneità” rilevando come questo non fosse sostenuto da una adeguata e coerente motivazione.
Difatti nel caso di specie, veniva superato il requisito inerente all’impatto della produzione scientifica, avendo superato i valori soglia indicati dalla commissione così come il possesso dei titoli avendo il ricorrente ottenuto il riconoscimento di 8 titoli su 9.
La valutazione del candidato era più che positiva, ma non otteneva l’abilitazione in maniera del tutto contraddittoria ed immotivata.
Il TAR del Lazio con decisione pubblicata in data 19 febbraio 2025 accoglieva le censure del candidato rilevando in primis che “l'accertamento delle qualità soggettive di un candidato non può prescindere da un giudizio prognostico circa l'attitudine dell'esaminato a svolgere determinate funzioni che deve venire desunta da presupposti obiettivi (caratterizzati, nel caso di specie, dall'esame del valore scientifico delle relative pubblicazioni). Il relativo esito può essere censurato o per vizi formali di procedimento, che cioè inducano a ritenere che il "processo" valutativo non si sia compiuto in maniera da consentire un apprezzamento trasparente (per premesse e conclusioni), anche ai fini della necessaria dimostrazione di imparzialità dell'organo; o per vizi di contenuti, laddove si denunci una contraddittorietà intrinseca tra premesse (oggetto di valutazione) ed esito (giudizio vero e proprio)”.
Ed ancora precisava il Collegio di prime cure: “l'esegesi dei criteri guida contenuti nelle disposizioni indicate deve rifuggire da ogni formalismo, dovendosi avere riguardo all'effettivo assetto di interessi che il procedimento di abilitazione conduce ad affermare, secondo un criterio funzionale che consenta di verificare se - al di là delle formule espressive utilizzate nella motivazione - il giudizio di idoneità sia stato correttamente condotto o meno (e dunque sia stata correttamente affermata la non coincidenza del profilo del candidato con lo schema normativo presupposto), pur tenendo sempre presente che il referente finale di tale valutazione, ossia la “maturità scientifica” di cui l’aspirante deve dimostrare di avere il possesso, è definito (non da un parametro giuridico normativo, ma) dal grado e dal tipo di sapere che la comunità scientifica attribuisce a quel determinato livello di insegnamento e ricerca.”.
Il collegio accoglieva il ricorso rilevando che l’analisi delle motivazioni espresse dalla Commissione non consentiva di evincere quali fossero i presupposti (che costituiscono elementi di fatto, non di giudizio) che l’hanno indotta ad escludere la collocazione dei contributi del ricorrente in riviste di rilievo.
I giudizi (tanto quello collegiale quanto i singoli rilievi individuali che sono conformi) si limitavano ad “affermare” che le riviste sulle quali i contributi erano stati pubblicati non possiedono la necessaria rilevanza; affermazione che dunque non spiega quanto deduce il ricorrente il quale– senza alcuna replica specifica da parte dell’Avvocatura – evidenzia 4 relazioni scientifiche pubblicate su riviste ed effettuava una serie di allegazioni documentali atti ad evidenziare il difetto di presupposti fattuali per il giudizio di non abilitazione.
Così argomentando il Collegio disponeva quindi la rivalutazione della domanda di abilitazione scientifica presentata dal candidato.

L'abilitazione scientifica nazionale richiede il possesso cumulativo di tutti i requisiti previsti dall'art. 6, d.m. n. 120/2016 (ossia l'essere in possesso di almeno tre titoli tra quelli scelti dalla Commissione; ottenere una valutazione positiva dell'impatto della produzione scientifica attestata dal possesso da parte del candidato di parametri, in almeno due indicatori, almeno pari ai valori soglia determinati per il settore concorsuale dal d.m. n. 589/2018; presentare pubblicazioni, ai sensi dell'art. 7 del d.m. n. 120/2016, valutate in base ai criteri di cui all'art. 4 del sopra citato decreto e giudicate complessivamente di qualità "elevata"; cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. IV, 18/01/2022, n.552).
A sua volta, l’art. 4 del d.m. n. 120/2016 dispone che “La Commissione valuta le pubblicazioni scientifiche presentate dai candidati ai sensi dell'articolo 7, secondo i seguenti criteri: a) la coerenza con le tematiche del settore concorsuale o con tematiche interdisciplinari ad esso pertinenti; b) l'apporto individuale nei lavori in collaborazione; c) la qualità della produzione scientifica, valutata all'interno del panorama nazionale e internazionale della ricerca, sulla base dell'originalità, del rigore metodologico e del carattere innovativo; d) la collocazione editoriale dei prodotti scientifici presso editori, collane o riviste di rilievo nazionale o internazionale che utilizzino procedure trasparenti di valutazione della qualità del prodotto da pubblicare; e) il numero e il tipo delle pubblicazioni presentate nonché la continuità della produzione scientifica sotto il profilo temporale; f) la rilevanza delle pubblicazioni all'interno del settore concorsuale, tenuto conto delle specifiche caratteristiche dello stesso e dei settori scientifico-disciplinari ricompresi”.
Va quindi affermato che, come ogni fattispecie normativa rivolta a conformare l’espressione di giudizi da parte di organi amministrativi ai fini di procedure di tipo idoneativo, anche il procedimento di abilitazione scientifica nazionale di cui al d.m. 120/2016 si fonda sulla formazione di giudizi di valore che integrano la realizzazione dell’interesse pubblico all’accertamento in capo al candidato, di quelle determinate qualità soggettive che sono presupposte al titolo da conseguire.
Il ricorrente impugnava il proprio giudizio di “non idoneità” rilevando come questo non fosse sostenuto da una adeguata e coerente motivazione.
Difatti nel caso di specie, veniva superato il requisito inerente all’impatto della produzione scientifica, avendo superato i valori soglia indicati dalla commissione così come il possesso dei titoli avendo il ricorrente ottenuto il riconoscimento di 8 titoli su 9.
La valutazione del candidato era più che positiva, ma non otteneva l’abilitazione in maniera del tutto contraddittoria ed immotivata.
Il TAR del Lazio con decisione pubblicata in data 19 febbraio 2025 accoglieva le censure del candidato rilevando in primis che “l'accertamento delle qualità soggettive di un candidato non può prescindere da un giudizio prognostico circa l'attitudine dell'esaminato a svolgere determinate funzioni che deve venire desunta da presupposti obiettivi (caratterizzati, nel caso di specie, dall'esame del valore scientifico delle relative pubblicazioni). Il relativo esito può essere censurato o per vizi formali di procedimento, che cioè inducano a ritenere che il "processo" valutativo non si sia compiuto in maniera da consentire un apprezzamento trasparente (per premesse e conclusioni), anche ai fini della necessaria dimostrazione di imparzialità dell'organo; o per vizi di contenuti, laddove si denunci una contraddittorietà intrinseca tra premesse (oggetto di valutazione) ed esito (giudizio vero e proprio)”.
Ed ancora precisava il Collegio di prime cure: “l'esegesi dei criteri guida contenuti nelle disposizioni indicate deve rifuggire da ogni formalismo, dovendosi avere riguardo all'effettivo assetto di interessi che il procedimento di abilitazione conduce ad affermare, secondo un criterio funzionale che consenta di verificare se - al di là delle formule espressive utilizzate nella motivazione - il giudizio di idoneità sia stato correttamente condotto o meno (e dunque sia stata correttamente affermata la non coincidenza del profilo del candidato con lo schema normativo presupposto), pur tenendo sempre presente che il referente finale di tale valutazione, ossia la “maturità scientifica” di cui l’aspirante deve dimostrare di avere il possesso, è definito (non da un parametro giuridico normativo, ma) dal grado e dal tipo di sapere che la comunità scientifica attribuisce a quel determinato livello di insegnamento e ricerca.”.
Il collegio accoglieva il ricorso rilevando che l’analisi delle motivazioni espresse dalla Commissione non consentiva di evincere quali fossero i presupposti (che costituiscono elementi di fatto, non di giudizio) che l’hanno indotta ad escludere la collocazione dei contributi del ricorrente in riviste di rilievo.
I giudizi (tanto quello collegiale quanto i singoli rilievi individuali che sono conformi) si limitavano ad “affermare” che le riviste sulle quali i contributi erano stati pubblicati non possiedono la necessaria rilevanza; affermazione che dunque non spiega quanto deduce il ricorrente il quale– senza alcuna replica specifica da parte dell’Avvocatura – evidenzia 4 relazioni scientifiche pubblicate su riviste ed effettuava una serie di allegazioni documentali atti ad evidenziare il difetto di presupposti fattuali per il giudizio di non abilitazione.
Così argomentando il Collegio disponeva quindi la rivalutazione della domanda di abilitazione scientifica presentata dal candidato.

A seguito di una manifestazione dal carattere politico due diversi gruppi politici studenteschi si scontravano sull’opportunità del contenuto di alcuni manifesti affissi. Il Dirigente Scolastico, convocava alcuni studenti per essere sentiti sui fatti occorsi ed il giorno successivo il Consiglio di Classe comminava la sanzione di allontanamento dall’ambiente scolastico per 13 giorni.
Gli studenti ricorrevano innanzi la Giustizia Amministrativa instaurando diversi procedimenti.
Il ricorrente rappresentato dallo studio legale Michele Bonetti & Partners deduceva in particolare la violazione della normativa in materia di procedimento disciplinare che aveva comportato la violazione del loro diritto di difesa, nonché la sproporzione della sanzione rispetto ai fatti verificatisi e per come provati, che oltretutto consisteva nella massima sanzione applicabile e codificata per fatti ben diversi da quelli oggetto di audizione.
Il ricorrente lamentava altresì che il Consiglio di Classe avesse deliberato non nella sua composizione più ampia, ma senza un rappresentante degli studenti e uno dei genitori.
Il TAR del Lazio inizialmente rigettava, in via cautelare, la richiesta avanzata, ma il Consiglio di Stato con decreto monocratico riformava il provvedimento di primo grado e sospendeva gli atti impugnati.
Il Consiglio di Stato così motivava la scelta: “L’addebito disciplinare ascritto all’appellante dall’Istituto scolastico presenta oggettiva gravità, in quanto potenzialmente idoneo ad incidere su valori condivisi della convivenza all’interno della comunità educativa, nel quadro dell’autonomia valutativa riservata alle istituzioni didattiche titolari dei poteri sanzionatori”.
Difatti la sproporzione tra i fatti e la sanzione di allontanamento dall’ambiente scolastico rendeva quest’ultima meramente punitiva e priva della finalità educativa che in ogni caso l’Istituzione scolastica è tenuta a perseguire. Oltretutto così agendo l’Istituto scolastico limitava il diritto di critica politica dello studente interessato dalla sanzione nonché violava il principio di terzietà e quello di equità considerando che non tutti i soggetti coinvolti nei fatti occorsi divenivano destinatari della detta sanzione disciplinare.
Come se non bastasse allo studente veniva preclusa la possibilità di ricorrere all’Organo Amministrativo superiore, ossia al Consiglio di Garanzia, in quanto i membri dello stesso venivano rinnovati dopo l’irrogazione della detta sanzione, con violazione anche del principio Giudice naturale precostituito per legge.
Il decreto, veniva poi superato con successiva ordinanza cautelare, sempre del Consiglio di Stato, e così perdeva efficacia. Il Consiglio di Stato su richiesta dell’appellante decideva esclusivamente, previa verbalizzazione anticipata con memoria rituale, sulla preliminare questione di improcedibilità per carenza di interesse o in via subordinata per cessazione della materia del contendere. Difatti l’appellante, che aveva nelle more scontato due giorni di sospensione, aveva nel frattempo ottenuto un nulla osta per il trasferimento presso altro Istituto scolastico privo di alcuna riserva, vincolo o condizione. Tale ultima circostanza rendeva il provvedimento impugnato non automaticamente estensibile al nuovo Istituto scolastico con la conseguente, sopravvenuta, carenza di interesse, fatti salvi eventuali successivi provvedimenti adottati dal nuovo Istituto scolastico “che potranno essere autonomamente impugnati”. Così con la detta ordinanza si dichiarava l’improcedibilità dell’appello.
Diversamente decideva il Collegio di secondo grado in merito agli ulteriori e diversi giudizi incardinati rilevando come in tale caso il provvedimento della scuola fosse coerente ed in linea con il Regolamento disciplinare dell’Istituto scolastico interessato.

Il TAR del Lazio haaccolto il ricorso proposto da una ricorrente esclusa dal concorso indetto dal Ministero per gli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale per il reclutamento di 381 assistenti amministrativi per non aver superato la prova scritta.
In particolare, la candidata con ricorso patrocinato dallo studio legale Bonetti & Delia lamentava l’illegittimità di un quesito di lingua inglese, estremamente ambiguo per la presenza di una pluralità di risposte corrette, tra le quali quella prescelta dalla candidata, ritenuta erronea dalla commissione di concorso.
Al fine di avvalorare la tesi della ambiguità del quesito la ricorrente produceva in atti una perizia tecnica al fine di dimostrare l’errore di fatto in cui era incorsa la Commissione nel corso della redazione e correzione dei questi.
In ragione di ciò, il TAR del Lazio, ha accolto il ricorso riconoscendo l’ambiguità della domanda rilevando comela ricorrente “abbia adeguatamente dimostrato ciò per mezzo della consulenza tecnica di parte agli atti, giacché fondata su solide basi argomentative e suffragata da sicuri riferimenti a fonti qualificate.”
Inoltre, mediante tale provvedimento, il Collegio ha preso posizione sulla ammissibilità della perizia di parte al fine del convincimento del giudice nei giudizi aventi ad oggetto il sindacato delle valutazioni tecnico/discrezionali dell’Amministrazione.
Il TAR del Lazio, difatti, afferma che: “Il giudice del merito può porre a fondamento della propria decisione una perizia stragiudiziale, anche se contestata dalla controparte, purché fornisca adeguata motivazione di tale sua valutazione, attesa l'esistenza, nel vigente ordinamento, del principio del libero convincimento del giudice”.

Anni Successivi al primo: Il TAR Torino ammette il candidato escluso al III anno di corso.
Il TAR Torino si è pronunciato su un ricorso, patrocinato dallo Studio Legale Bonetti & Delia, proposto da un ricorrente che era stato escluso dalla procedura per il trasferimento ad anni successivi al primo di Medicina e Chirurgia nonostante fosse già laureato in Odontoiatria presso lo stesso Ateneo.
Con un articolato ricorso, era stata evidenziata l’illogicità della procedura che si limitava a valutare ai fini dell'ammissione solo alcuni specifici esami – individuati dal bando - e non tutta la carriera pregressa del candidato nella sua interezza. Tale illogicità risultava inoltra manifesta dalla circostanza che gli esami non valutati ai fini dell’ammissione sarebbero stati comunque convalidati successivamente all’immatricolazione.
Il TAR piemontese, preso atto della irragionevolezza dei criteri di valutazione ha ritenuto meritevole di accoglimento la pretesa del ricorrente, soprattutto tenendo conto del bilanciamento tra i pericula contrapposti. In particolare, il G.A. ha ritenuto dovesse prevalere l’interesse del ricorrente ad essere ammesso a frequentare le lezioni universitarie degli anni di corso fino al terzo piuttosto che l’interesse dell’Università a non far accedere ai corsi di studio studenti in eccedenza rispetto al numero chiuso.
Inoltre, nel caso esaminato era stato evidenziato come in ragione dell’arbitrario restringimento dei criteri di selezione dei candidati fossero rimasti liberi diversi posti e come tale circostanza si ponga in contrasto con le finalità pubbliche della programmazione legata al fabbisogno di professionisti sanitari.

Escluso dal Concorso per le forze armate per alterazione della massa corporea: il TAR dispone la verificazione
Il TAR del Lazio ha disposto la verificazione per un candidato del concorso Allievi agenti della Polizia di stato che era stato escluso per alterazione della massa corporea. In particolare, il candidato in sede di accertamento psicofisico veniva valutato come inidoneo e dunque veniva escluso dal concorso per eccesso ponderale di indice di massa corporea e percentuale di massa grassa superiore ai limiti.
Su indicazione dello Studio legale, a pochi giorni dallo svolgimento di tale prova si sottoponeva allo stesso esame presso struttura sanitaria nazionale, risultando idoneo.
In ragione di ciò, proponeva ricorso chiedendo l’annullamento del giudizio di inidoneità poiché fondato su un errore da parte della commissione, dimostrato per l’appunto dalla discrepanza tra il verbale di inidoneità e il referto ospedaliero.
Il Giudice Amministrativo, preso atto di quanto sopra, ha disposto la verificazione incaricando di tale rivalutazione la Commissione medica interforze di seconda istanza di Roma che dovrà provvedere all’accertamento dell’altezza, del peso e dei valori di massa grassa del ricorrente, specificando conclusivamente se lo stesso presenti la causa di non idoneità indicata nel provvedimento impugnato.
In sede di verificazione, il ricorrete è stato valutato idoneo e quindi sarà riammesso all’iter concorsuale.
Lo studio legale offre assistenza a tutti coloro che siano stati esclusi dai concorsi per l’accesso alle forze dell’ordine in ragione dell’inidoneità nell’accertamento psicofisici o in altre fasi della procedura.

Carabinieri – note caratteristiche – il TAR del Lazio annulla la valutazione del carabiniere fatta con le c.d. note caratteristiche
Al ricorrente veniva irrogata la sanzione disciplinare di tre giorni di consegna per il militare per la presunta violazione dell’articolo 1517 del Codice dell’Ordinamento Militare (COM).
Le note caratteristiche venivano in primis impugnate in via gerarchica con esisto negativo che veniva impugnato, a sua volta, innanzi il TAR Lazio.
Il ricorrente lamentava in primis la violazione dell’articolo 694 TUOM al comma 1 stabilisce chiaramente che “i documenti caratteristici non contengono alcun riferimento ai procedimenti penali e disciplinali” e poi eccepiva: violazione dell’articolo l’art. 688 del d.P.R. 90/2010 per violazione del principio di tempestività ed in quanto i fatti oggetto di procedimento disciplinare si erano verificatisi in altro periodo storico rispetto a quello oggetto di valutazione; contraddittorietà tra le valutazioni inserite nelle c.d. note caratteristiche.
Con decisione pubblicata in data 15 novembre 2024 il TAR del Lazio accoglieva le ragioni del Carabiniere ed annullava anche le c.d. note caratteristiche rilevando il difetto di una adeguata motivazione, alla luce del fatto che tra il giudizio finale e quelli singoli non vi era armonicità.
“Con il giudizio finale sintetico, infatti, al ricorrente è stata attribuita la valutazione di “superiore alla media” di cui all’articolo 1026 del c.o.m., che, come chiarito dalla circolare 23 dicembre 2008, viene “attribuita al militare che emerge sulla media per la bontà delle qualità e per il livello e la continuità del rendimento”.
Invece, nel giudizio complessivo finale è riportata una valutazione di ben diverso e di superiore tenore: “ufficiale superiore di ottime qualità complessive, tra le quali mi piace sottolineare la serietà, l’equilibrio, il buon senso e alle quali egli associa un solido retroterra culturale, una eccezionale preparazione e una elevata competenza professionale sostenuta da non comune temperamento artistico, unito a raffinata creatività, ispirazione ed eccezionale capacità di composizione, che lo portano a riscuotere alta stima e notevole considerazione del panorama musicale, anche oltre l’orizzonte delle istituzioni del Paese, ove è ben conosciuto ed emerge per elevata predisposizione, attitudine ed abilità nel peculiare settore”.
Dello stesso segno sono erano i giudizi del compilatore e del primo revisore.
La valutazione complessiva dell’ufficiale era in palese contrasto con la descrizione dell’attività svolta nel periodo oggetto di valutazione che dalla descrizione riportata era riconducibile ad un giudizio ben superiore a quello assegnato.
Alla luce di tali deduzioni il TAR Lazio deduceva: “In tale contrasto prevale la descrizione sul giudizio finale sintetico, poso che la prima oltre ad essere ben motivata è più coerente e in linea con i giudizi riportati negli anni precedenti.
Tra la valutazione e i giudizi espressi, deve infatti, intercorrere un rapporto di necessaria armonia e conseguenzialità, in altri termini deve sussistere una stringente coerenza tra il valore attribuito alle voci interne del documento di valutazione e il giudizio complessivo finale, che però per quanto osservato manca nel caso di specie.
Il ricorrente viene descritto come un ufficiale con capacità uniche nel genere, ma ciò nonostante si afferma che egli abbia subito un calo di rendimento, per il quale, peraltro, non si adducono concreti elementi a sostegno”.
Così argomentando il TAR Lazio annullava le note caratteristiche dell’ufficiale e condannava l’Amministrazione al pagamento delle spese del giudizio.

Ammissione a medicina: il test si ripete se ci sono irregolarità durante lo svolgimento della prova.
Il T.A.R. Lazio ha accolto la domanda cautelare promossa nel ricorso patrocinato dal nostro studio legale, per l’ammissione al corso di laurea in medicina e chirurgia, e odontoiatria e protesi dentaria per l’a.a. 2024/2025.
Nella specie, al ricorrente in sede di prova di ammissione veniva consegnato un plico danneggiato e ne chiedeva la sostituzione.
Il Responsabile d’aula non sostituiva il plico immediatamente, ma consultava il R.U.P. non presente in loco e, solo successivamente, disponeva la sostituzione del plico danneggiato. Il test continuava, ma la mancata tempestività dell’azione del Responsabile d’aula di concerto con il R.U.P., aveva ridotto il tempo a disposizione del ricorrente per l’esecuzione della prova di circa 10 minuti.
Con il ricorso patrocinato dagli Avv.ti Bonetti e Delia, veniva dunque censurata l’illegittimità delle modalità di svolgimento della prova, lamentando la sottrazione di una parte consistente del tempo totale per lo svolgimento del test. Al ricorrente difatti, che non si è collocato in posizione utile per l’immatricolazione pochissime posizioni, non era stato concesso di recuperare i minuti persi.
Alla luce delle deduzioni avanzate nel ricorso il T.A.R. ha previamente ordinato chiarimenti orali da parte dei membri della Commissione e, a seguito delle dichiarazioni rese in sede di camera di consiglio, il Collegio ha statuito che, non essendo intervenuta istantaneamente la sostituzione del plico, si è consumata una lesione del diritto del ricorrente alla corretta esecuzione del test.
La pronuncia in commento, ha correttamente ritenuto che il periodo di tempo intercorso tra la richiesta di sostituzione del plico e l’inizio della prova, possa essere considerato, alla luce della natura della prova, delle modalità e tempi previsti per il suo svolgimento, come un “impedimento indebito alla corretta esecuzione della prova”, considerando peraltro l’assenza di una qualche forma di compensazione temporale.
“Il ricorrente potrà svolgere nuovamente la prova in condizioni di parità ed uguaglianza con gli altri candidati” conclude l’Avv. Michele Bonetti “la Commissione deve essere pronta a far fronte a problematiche che possono verificarsi durante lo svolgimento della prova e, in un test così importante nella vita dei candidati aspiranti medici, non può essere completamente inficiato l’esito del test a causa di modalità di azione poco tempestive”.