Articoli filtrati per data: Dicembre 2019
ISCRIZIONE AD ANNI SUCCESSIVI AL PRIMO: ANCHE IL TAR PIEMONTE SI ESPRIME IN FAVORE DI UNA RICORRENTE.
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Importante pronuncia del TAR Piemonte sull’accesso al corso di laurea in Odontoiatria, chiamato a decidere sul ricorso di una studentessa che lamentava l’illegittimità del comportamento dell’Università di Torino nella gestione del bando per il trasferimento ad anni successivi al primo.

Nel ricorso patrocinato dal nostro studio legale si deduceva come la domanda della studentessa, pur essendo iscritta presso un altro Ateneo italiano al II anno, fosse stata illegittimamente valutata dall’Ateneo piemontese come idonea ad ottenere il passaggio al IV anno, anziché al terzo. La decisione dell’Ateneo di Torino si era rivelata determinante per la ricorrente, non essendoci al IV anno un numero di posti disponibili sufficienti a consentirne l’immatricolazione.

Il TAR Piemonte, mediante l’ordinanza in allegato, ha ritenuto “irragionevole l’esclusione della ricorrente dall’iscrizione al terzo anno di corso” ed ha sottolineato il rischio di “compromettere irrimediabilmente i suoi progetti formativi e le sue future scelte professionali e di vita”.

Per tali motivi, ha disposto la “sua immediata ammissione con riserva e in sovrannumero rispetto agli iscritti al terzo anno di corso”. In particolare, ha concluso il TAR, l’accoglimento in sovrannumero “non è idoneo a pregiudicare né il diritto alla formazione degli altri studenti iscritti, né la complessiva organizzazione del corso di laurea a numero chiuso”, anche in considerazione della sussistenza di posti rimasti vacanti.

Il provvedimento del Giudice Amministrativo consentirà alla ricorrente di proseguire la propria carriera accademica nella sede ambita ed ha riaffermato il rispetto dei principi meritocratici che dovrebbero guidare ogni procedura amministrativa e che, nel caso di specie, non sono stati correttamente tutelati dall’Università di Torino.

ILLEGITTIMO IL DEPENNAMENTO DALLE GAE DEI DIPLOMATI MAGISTRALE CON GIUDIZI PENDENTI, LA SENTENZA DEL TAR LECCE
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Gli insegnanti con diploma di maturità magistrale inseriti in GAE non possono essere depennati se non a seguito di sentenza definitiva di merito in quanto, “ai fini della mantenimento in graduatoria con riserva, è sufficiente la pendenza di un giudizio, in primo o in secondo grado”.

È quanto afferma il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Lecce, che, con sentenza breve, ha riammesso definitivamente una ricorrente nelle graduatorie ad esaurimento a seguito dell’illegittimo depennamento intervenuto da parte dell’USR.

Nello specifico la ricorrente, era inserita in GAE tramite provvedimento cautelare del TAR Lazio e, per il solo fatto di non essere in possesso di un provvedimento definitivo, era stata esclusa dall’ambita graduatoria e reinserita in II fascia.

Il G.A., a seguito dell'impugnazione intervenuta per il tramite degli Avv.ti Michele Bonetti e Santi Delia, nell’annullare il provvedimento dell’Amministrazione, ha rilevato che il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, con decreto n. 374 del 24 aprile 2019, ha fornito indicazioni a livello nazionale circa l’inserimento in graduatoria dei docenti, precisando che “devono chiedere di permanere in graduatoria con riserva, compilando il modello 1: (…) b) coloro che, già iscritti con riserva in graduatoria ad esaurimento, hanno ancora pendente un ricorso giurisdizionale o straordinario al Capo dello Stato, avverso l’esclusione dalle graduatorie medesime o avverso le propedeutiche procedure abilitanti, fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, comma 8” (art. 6, comma 1, lett. b, cit. decreto) e prevedendo, al predetto art. 1, comma 8, che in “forza di quanto disposto dalle Adunanze Plenarie del Consiglio di Stato del 20 dicembre 2017 n. 11 e del 27 febbraio 2019 n. 5, i docenti in possesso di diploma magistrale destinatari di sentenze di merito sfavorevoli, non potranno presentare istanza di aggiornamento”.

Ad avviso dell’On.le Giudicante il predetto decreto M.I.U.R. deve essere interpretato nel senso che possono essere esclusi dall’aggiornamento delle graduatorie solo quei docenti che abbiano ricevuto “sentenze di merito sfavorevoli”, cioè soggetti con situazioni coperte da giudicato, come emerge dalla combinata lettura degli artt. 1, comma 8, e 6, comma 1, lett. b), del cit. decreto.

In tale ottica il D.M. fornisce, per converso, la chiara istruzione di mantenere in graduatoria, con riserva, quei docenti la cui situazione non sia ancora definita dall’autorità del giudicato (v. art. 6, comma 1, lett. b, cit. decreto) e, in definitiva, ai fini del mantenimento in graduatoria con riserva, è sufficiente la pendenza di un giudizio, in primo o in secondo grado.

Vittoria al Consiglio di Stato sulle concessioni di servizi in ambito scolastico.
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La procedura pubblica relativa ai servizi bar/ristoro all’interno degli istituti scolastici deve qualificarsi come concessione di servizi. È quanto stabilito dal Consiglio di Stato (confermando la sentenza emessa dal TAR del Lazio) con l’ordinanza del 6.12.2019.

Il contenzioso ci ha visto protagonisti in difesa di una società attiva nell’ambito food, ristorazione e catering; qualificando la gara quale concessione di servizi, abbiamo richiesto l’applicazione degli obblighi ex art. 95 comma 10 d.lgs. 50/2016 relativamente ai costi per la manodopera ed agli oneri di sicurezza.

La gestione del punto ristoro all’interno degli Istituti, difatti, non può che discendere da un contratto strettamente correlato alle esigenze di continuità della presenza in sede del personale nonché degli utenti del vero e proprio servizio pubblico. Trattasi dunque di un servizio strumentale ed ulteriore rispetto a quello istituzionale ma che nondimeno va a implementarne l’efficienza.

Non può quindi dimenticarsi che l’utilizzo del bene pubblico, identificato nei locali adibiti all’esercizio del servizio bar, è meramente strumentale ed accessorio rispetto all’attività di ristoro effettuata a disposizione della struttura scolastica, e pertanto non in grado di alterare la natura giuridica della concessione presupposta.

In base a tale qualificazione è quindi inevitabile l’applicazione dei limiti e degli obblighi sanciti all’interno del cd. codice dei contratti pubblici, in particolare in riferimento all’inserimento degli oneri di sicurezza e dei costi di manodopera all’interno delle offerte economiche.

È proprio l’art. 164 d.lgs. 50/2016 a disporre che alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni relative (tra l’altro) ai criteri di aggiudicazione di cui al citato art. 95 cod. contr. pubbl.

A ciò si aggiunge che, in ottemperanza alla più ampia giurisprudenza in proposito (ex plurimis Ad. Pl., 24 gennaio 2019, n. 3), l’amministrazione non potrebbe neppure procedere all’integrazione della documentazione relativa ai costi suddetti poiché l’articolo 83, comma 9, d.Lgs. 50/2016 espressamente esclude l’utilizzo di tale rimedio per le violazioni relative al contenuto dell’offerta economica.

Il Consiglio di Stato ha condiviso la nostra tesi, rigettando il gravame e marcando così la linea di confine tra concessione di servizi pubblici e concessione di usufrutto di bene demaniale anche in ambito scolastico. L’alto Consesso ha quindi ribadito l’obbligatorietà dell’indicazione dei costi di sicurezza e manodopera la cui omissione comporta l’esclusione dalla procedura pubblica senza possibilità di ricorrere all’istituto del soccorso istruttorio.

La procedura per ottenere l’abilitazione a Professore Universitario di nuovo al vaglio del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio.
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Trattiamo, in questa sede, di una procedura concorsuale che è stata al centro di una profonda innovazione negli ultimi anni ma, non per questo, risulta essere esente da critiche e vizi di forma.

Ad essere analizzata è un’ultima sentenza pubblicata dal T.A.R. del Lazio, ove l’intervento dei Giudici veniva invocato a seguito di un giudizio negativo sulla domanda di abilitazione a professore ordinario di un noto e stimato docente e ricercatore nel panorama italiano.

Il contenzioso, instaurato con il patrocinio dello Studio Legale Bonetti & Delia con ricorso giurisdizionale dinanzi al predetto Tribunale romano, vedeva contestati i giudizi resi da una Commissione di cinque membri designati dal Ministero dell’Istruzione, incaricati della valutazione delle domande sottoposte da diversi candidati.