Con sentenza il Consiglio di Stato accoglie definendo il ricorso per il trasferimento ad anni successivi al primo presso l’Università Sapienza di Roma.
Il ricorrente proveniva dall’Università Nostra Signora del Buon Consiglio di Tirana, emanazione di atenei nazionali, e per rientrare in Italia partecipava al bando per anni successivi al primo.
L’ateneo romano escludeva l’equivalenza del test per l’accesso superato in Albania con quello svolto in base all’ordinamento nazionale.
Sebbene il Consiglio di Stato asserisca nel provvedimento che non può trovare applicazione l’art. 4, co. 2 bis, D.L. 2005 n. 115, convertito poi con L. 2005 n. 168, evidenzia come nel caso di specie si tratti di un trasferimento da ateneo estero che era stato precluso sulla base della non equivalenza fra il test sostenuto per accedere all’ateneo albanese collegato all’Università di Roma “Torvergata” e ad altri atenei italiani e quello previsto dalla disciplina nazionale.
In tal modo per il Consiglio di Stato si è espressa una preferenza nei confronti di trasferimenti all’interno del territorio nazionale.
Il ricorrente ha dimostrato durante il giudizio, per il tramite di una brillantissima carriera universitaria e mediante plurimi crediti formativi conseguiti e con l’interesse sostanziale azionato, di possedere doti attitudinali e capacità tecniche.
L’Amministrazione non ha manifestato poi alcun interesse all’invalidazione del percorso universitario.
Oltretutto si dimostrava, come sottolineato al Consiglio di Stato, la presenza di posti vacanti presso l’ateneo appellato con conseguente assenza di posizioni di controinteresse.
Il ricorrente pertanto proseguirà la sua brillantissima carriera presso l’Università Sapienza di Roma.
I posti liberi vanno assegnati ai soli ricorrenti che li hanno reclamati e hanno titolo a scavalcare chi non ha agito.
Il Consiglio di Stato con sentenze n. 9246/2022 e 9224/2022, pubblicate il 27 ottobre 2022, ha chiarito alcuni principi importanti del processo amministrativo.
Nel dettaglio, il Consiglio di stato ha affermato alcuni importanti corollari che derivano dalla qualificazione del processo amministrativo come giurisdizione di tipo soggettivo.
La questione oggetto della sentenza investe il delicato tema dei limiti soggettivi del giudicato amministrativo nell’ambito di una procedura concorsuale.
Il Tar Lazio, infatti, aveva ritenuto che in ipotesi di accoglimento di un motivo di ricorso relativo all’impugnazione di una clausola del bando illegittima, l’amministrazione dovrà procedere all’estensione dei benefici di tale annullamento in favore di tutti i concorrenti presenti nella graduatoria e non solo nei confronti di coloro che hanno tempestivamente impugnato la clausola illegittima, con conseguente effetto favorevole dell’impugnazione erga omnes.
I giudici d’appello, hanno ritenuto illogica e contraddittoria la decisione del Tar Lazio, poiché in contrasto con alcuni principi cardine del processo amministrativo.
In primis, con la previsione di termini decadenziali nell’ambito del processo amministrativo, che di fatto impedisce ai cointeressati di poter trarre giovamento dal ricorso proposto da altri soggetti. I giudici hanno, inoltre, basato la propria decisione argomentando anche sulla base dell’interesse pubblico sotteso, atteso che si realizzerebbe un pregiudizio all’efficienza dell’azione amministrativa.
Ciò in quanto come sostenuto dai giudici “Di converso – converrà osservarlo per completezza – si deve ritenere illogica e contraddittoria la ricordata scelta del giudice di prime cure di rimettere all’amministrazione, ai fini della redistribuzione dei posti riservati a studenti extracomunitari rimasti vacanti, lo scorrimento della graduatoria anche verso soggetti che non abbiano proposto ricorso giurisdizionale. E tanto per una serie di considerazioni: innanzitutto perché quel dispositivo è in contrasto con il principio della domanda e con i limiti agli effetti del giudicato sostanziale propri di una giurisdizione di carattere soggettivo. In secondo luogo perché la ridetta scelta integrerebbe un significativo vulnus in punto di dispendio di risorse e attività in danno sia del privato interessato sia della p.a., integrando un pregiudizio all’interesse pubblico perseguito ed all’efficienza dell’azione amministrativa. Infine perché graverebbe la Pubblica amministrazione dell’indebito ed improbo compito di avviare una dispendiosa ricerca volta a reperire tutti i (numerosi) candidati che illo tempore hanno partecipato alla procedura, e che verosimilmente, per i più vari motivi, non sono più interessati a partecipare, ora per allora ad un processo formativo lungo e impegnativo, da intraprendere nonostante sia trascorso più di un quinquennio dalla data in cui ebbero a presentare la loro candidatura.
Il Consiglio di stato con sentenza n. 9246 depositata lo scorso 27 ottobre 2022, ha ribaltato la sentenza del Tar Lazio, affermando con portata innovativa nel panorama giurisprudenziale, il principio per il quale anche in materia di procedure concorsuali contingentate è possibile che si realizzi il consolidamento della posizione ottenuta mediante un provvedimento cautelare di ammissione con riserva.
In particolare, il Tar sosteneva che in ipotesi di accesso a seguito di misura cautelare in una graduatoria contingenta, non sarebbe possibile valutare il percorso medio tempore svolto ai fini del c.d. consolidamento della posizione del ricorrente.
Il Consiglio di Stato, invece, ha esteso il principio ricavabile dalla disposizione di cui all’art. 4, comma 2bis, d.l. n. 115 del 2005, conv. in l. n. 168 del 200, previsto in materia di abilitazioni, alle procedure selettive per l’ammissione a corsi di laurea, e quindi alle procedure contingentate. Il consolidamento della posizione avviene, secondo i giudici, sulla base della valorizzazione del percorso universitario e della proficua frequenza del corso, elementi questi ultimi idonei “a determinare un sostanziale mutamento di fatto della situazione sub iudice, per la semplice ragione che quanto intervenuto in pendenza di giudizio, sia pure per effetto di una tutela, per natura, provvisoria, fondata sui presupposti del fumus e del periculum, rappresenta un dato immutabile di realtà che va comparato ad un coerente perseguimento dell’interesse pubblico, concretizzatosi in un corretto percorso universitario dell’appellante“.
In sostanza secondo i Giudici, non può non ricevere tutela anche nell’ambito delle procedure contingentate, l’interesse del privato ricorrente che, attraverso il percorso universitario, ha nei fatti dimostrato di possedere le doti attitudinali e le capacità tecniche richieste per l’accesso al relativo percorso. Ciò anche in ragione dell’assenza di un interesse pubblico che possa giustificare l’invalidazione del relativo percorso accademico.
Si realizza, pertanto, secondo il Consiglio di stato una “cessazione della materia del contendere che è in parte atipica perché non è rappresentata da un unico fatto giuridico sopravvenuto, ma discende piuttosto da una fattispecie giuridica complessa, che ha la sua origine nel provvedimento cautelare di ammissione con riserva, integrata dalla proficua e meritevole frequenza dei corsi da parte dell’interessata, attestata dalla laurea conseguita, e dall’obiettiva sussistenza di un interesse pubblico a che tale impegnativa esperienza non sia posta nel nulla, interesse, quest’ultimo, che non può non ritenersi prevalente su quello originariamente opposto in sede di costituzione in giudizio dall’amministrazione resistente. Tanto premesso il Collegio ritiene che la proficua frequenza del corso di laurea rappresenti una sopravvenienza idonea a determinare un sostanziale mutamento di fatto della situazione sub iudice, per la semplice ragione che quanto intervenuto in pendenza di giudizio, sia pure per effetto di una tutela, per natura, provvisoria, fondata sui presupposti del fumus e del periculum, rappresenta un dato immutabile di realtà che va comparato ad un coerente perseguimento dell’interesse pubblico, concretizzatosi in un corretto percorso universitario dell’appellante“.