TFA SOSTEGNO – ammessi a titolo definitivo i nostri ricorrenti. respinta la revocazione del ministero sul principio del consolidamento.
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Il Consiglio di Stato aveva accolto il ricorso per i nostri ricorrenti che avevano partecipato al percorso di formazione per la specializzazione sul sostegno ( TFA sostegno) riportando il cosiddetto consolidamento delle loro posizioni. Il Ministero chiedeva ex art. 106 c.p.a. la riforma della decisione per un vizio revocatorio, precisamente nella parte in cui il Consiglio di Stato aveva ritenuto applicabile alla fattispecie la previsione di cui all’art. 4 comma 2-bis del d.l. del 30 giugno 2005 n. 115 (conv. Legge 2005 n. 168).
Il Ministero sosteneva anche che non fosse stata valutata la circostanza che i ricorrenti non fossero in possesso dei titoli idonei per partecipare alla selezione del TFA sostegno.
La sentenza oggetto di revocazione sosteneva, correttamente, la possibilità di consolidare le posizioni e ottenere l’abilitazione anche in assenza dei requisiti per la partecipazione alla procedura. I ricorrenti erano stati comunque ritenuti abilitati, a prescindere dalla circostanza se possedessero o meno il titolo per partecipare al concorso.
La VII Sez. del Consiglio di Stato conferma con sentenza del 01.09.2022, Presidente Lipari ed Estensore Sergio Zeuli, il principio del consolidamento per i ricorsi universitari a numero chiuso rigettando la revocazione su una sentenza della VII Sez. del Consiglio di Stato.

Lo studio legale Bonetti vince dinanzi al Collegio dell’ABI (Arbitrato Bancario Finanziario). In caso di sistema di sicurezza della carta di credito difforme dalle indicazioni dell’European Banking Autority (EBA) il correntista deve essere rimborsato
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Lo studio legale Bonetti ha rappresentato e difeso un correntista di un noto istituto bancario italiano dopo che si era visto sottrarre ingenti somme di denaro sul proprio conto corrente mediante utilizzo fraudolento da parte di terzi della propria carta di credito.

Nello specifico, venivano poste in essere operazioni “on-line” di cui il correntista veniva a conoscenza mediante sms ricevuti sul cellulare e per cui si attivava prontamente per interrompere l’attività dolosa posta in essere da terzi.

Alla richiesta di rimborso proposta dal correntista direttamente all’intermediario finanziario, quest’ultimo, riteneva che “le operazioni risultavano debitamente registrate e autenticate mediante piattaforma 3D Secure. Queste richieste – oltre ai dati statici delle carte (PAN, scadenza e CVV) – l’inserimento del codice OTP di 6 cifre inviato al cellulare del cliente. Pertanto la ricorrente deve necessariamente aver comunicato il codice OTP trasmessole, presumibilmente in seguito a una frode di tipo phishing”.

In netto dissenso con quanto sostenuto dall’Istituto Bancario e in accoglimento totale delle doglianze proposte dallo studio legale Bonetti, il collegio dell’Arbitrato Bancario Finanziario di Roma, ha rilevato la responsabilità esclusiva dell’Istituto bancario nella descritta vicenda.

Il Collegio, interpellato mediante ricorso proposto dallo studio legale Bonetti, ha osservato che, nel caso di specie, il protocollo 3D Secure applicato dall’intermediario resistente non era coerente con le indicazioni fornite dalla European Banking Authority (EBA) nel documento “Opinion of the European Banking Authority on the elements of strong customer authentication under PSD2”, perché l’OTP ricevuto tramite SMS costituisce il richiesto elemento di possesso, mentre i dati riportati sulla carta (numero carta di credito, scadenza dello strumento e CVV), non costituiscono né un elemento di possesso né un elemento di conoscenza.

Il meccanismo utilizzato non è pertanto coerente con i requisiti richiesti per l’autenticazione “forte”.

Pertanto, l’ABI ha disposto l’esclusiva responsabilità della Banca per ogni operazione fraudolenta, anche se frutto di un comportamento colposo del titolare disponendo il rimborso dell’intera somma detratta dal conto corrente del nostro assistito.

La nostra tesi, oggi accolta dal Collegio di Roma, difatti, conclude l’Avvocato Michele Bonetti “dimostra che nonostante la posizione di fermezza assunta dalla Banca nel negare le proprie responsabilità, siamo riusciti, ancora una volta, a fare giustizia su una vicenda particolarmente complessa.”

CORSI DI LAUREA A NUMERO CHIUSO: TAR LAZIO E TAR CATANIA A FAVORE DEL “LEGITTIMO AFFIDAMENTO".
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A distanza di pochi giorni con due diverse pronunce, rispettivamente del TAR Sicilia sezione staccata di Catania, e della Sezione III bis, del TAR Lazio, il Giudice Amministrativo si è espresso in merito all’iter processuale avviato da alcuni studenti, i quali impugnavano gli atti con cui venivano esclusi dalla selezione per l’ammissione ai Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Protesi Dentaria, nonché Professioni Sanitarie di Tecniche di Radiologia Medica per Indagini.

Ambedue le decisioni, a fronte dell’eterogeneità delle vicende da cui originano, risultano in linea con l’orientamento più volte ribadito dal Consiglio di Stato, in ultimo con la sentenza n. 5263 del 25 luglio 2019, rendendo applicabile, alla materia oggetto del contendere, il principio richiamato dall’art. 4, comma 2 bis, del D.L n. 115/2005, secondo cui “conseguono ad ogni effetto l'abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d'esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l'ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela”.

Pur sottolineando le differenze con il caso di specie, ove i ricorrenti ottenevano l’ammissione ad un corso di laurea e non un’abilitazione professionale, entrambi i TAR ha ritenuto sussistente in capo agli stessi ricorrenti “una situazione di affidamento” meritevole di un “trattamento non dissimile a quello previsto dal sopra richiamato art. 4-bis”. Dunque, il Giudice Amministrativo ha posto a fondamento della propria decisione il percorso di studio effettuato dai ricorrenti, i quali avevano, nelle more della decisione di merito, superato un numero consistente di esami universitari ed ottenuto il passaggio ad anni successivi al primo.

Proprio in riferimento all’entità ed al numero degli esami si sostanziavano le differenze tra i due giudizi.

Nell’un caso, nelle more del giudizio, due ricorrenti su tre conseguivano validamente la laurea, la terza – pur nell’incertezza di un giudizio ancora pendente – portava avanti alacremente il proprio percorso di studi, conseguendo le materie sino al penultimo anno.

Nel caso sottoposto all’attenzione del TAR Catania, invece, il Collegio, richiamandosi ad alcune recenti pronunce rese sempre dal Consiglio di Stato (se. VI, nn. 2155/2019 e 2298/2014), ha ribadito la necessità che i giudici facciano ricorso alla “regola più giusta” da applicare al caso concreto, onde addivenire ad un contemperamento tra la normativa astrattamente applicabile e l’esigenza che da siffatta applicazione non scaturiscano “conseguenze incongruenti o asistematiche”. Tale precisazione in punto di giustizia sostanziale ha condotto alla pronuncia di improcedibilità con applicazione al caso di specie del precetto sopra richiamato di cui al co. 2 bis, dell’art. 4 (D.L. n.115/2005), pur non trattandosi di “conseguimento di una abilitazione professionale o di un titolo” così come previsto esplicitamente dalla norma.

Il Collegio del TAR Sicilia, infine, per avvalorare ulteriormente la propria tesi, ha richiamato la pronuncia della Corte Costituzionale n. 108 del 9 aprile 2009, ribadendo fermamente la necessità di “evitare che gli esami si svolgano inutilmente” e di tutelare “l’affidamento del privato, il quale abbia superato le prove di esame”.

Dunque, superando i contrastanti orientamenti giurisprudenziali, i T.A.R. in questione hanno definitivamente stabilizzato la carriera accademica dei ricorrenti, evidenziando come il percorso di studi medio tempore compiuto abbia un peso specifico non sottovalutabile, nella misura in cui rappresenta la prova tangibile di poter utilmente prender parte ai Corsi di Studi per i quali avevano sostenuto il test di selezione, oggetto di impugnativa.

LA CORTE DI APPELLO DI FIRENZE RIGETTA L’APPELLO PROPOSTO DAI MILITANTI DI CASAPOUND PER L’AGGRESSIONE ALLA RETE DEGLI STUDENTI MEDI DEL GIUGNO 2015.
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Nella giornata di ieri, la Corte di Appello di Firenze, I sezione penale, ha rigettato l’appello proposto da due esponenti di Casapound, già condannati in primo grado dal Tribunale di Firenze, i quali, il 14 giugno 2015, aggredirono alcuni giovani appartenenti all’associazione Rete degli Studenti Medi, organizzazione studentesca, difesi durante il processo dall’Avv. Michele Bonetti e dall’Avv. Silvia Antonellis.

I giovani manifestanti erano stati aggrediti all’uscita da un convegno organizzato dalla CGIL durante l’evento “Le giornate del Lavoro”, nel centro storico del capoluogo toscano. Alcuni di essi avevano anche riportato lesioni con prognosi massima di 6 giorni.

La Corte di Appello di Firenze ha confermato la sentenza di condanna a sei mesi di reclusione dei due appellanti e al pagamento alle spese processuali per “lesioni personali e minacce” ai danni di cinque giovani, tra cui, all’epoca dei fatti, un minorenne. Secondo la ricostruzione emersa in primo grado, un gruppetto di 5 persone aveva aggredito senza alcuna motivazione gli studenti lanciandogli contro un bicchiere di vetro per poi sottrarre la bandiera dell'associazione e usare l'asta come arma contro i ragazzi. Infine i manifestanti erano stati schiaffeggiati, spintonati e minacciati di morte con frasi come: "Vi ammazziamo comunisti di m..." e "La Resistenza è morta". Del gruppo di cinque sono stati identificati solo in due, grazie ad alcune foto scattate da un turista americano, poi rinviati a giudizio.

Dunque, il Giudice del secondo grado non ha ritenuto che il comportamento tenuto dai militanti di destra fosse di particolare tenuità, tale da giustificare una sentenza di assoluzioneex art. 131 bis, né meritevole della concessione delle attenuanti generiche.

La Corte d’Appello conferma la sentenza di condanna di primo grado del Tribunale,prendendo una posizione netta su un episodio di particolare gravità” – a parlare è l’Avv. Michele Bonetti, che ha difeso tutte le parti civili, ovvero i giovani della Rete degli Studenti in primo ed in secondo grado – “Attendiamo ora le motivazioni della Corte di Appello, che verranno depositate entro i prossimi 75 giorni, per conoscere l’iter logico giuridico seguito dalla Corte di Firenze”.

TEST DI MEDICINA, DOMANDE NON CONTEGGIATE: IL TAR DEL LAZIO ACCOGLIE NEL MERITO IL RICORSO DEL CANDIDATO CHE SI ERA VISTO NON VALUTARE IL PUNTEGGIO DI UNA RISPOSTA CORRETTA PER UN ERRORE DEL LETTORE OTTICO.
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IL Tar del Lazio accoglie, anche nel merito, il ricorso dello studente che si era sottoposto al test per l’accesso alla facoltà di Medicina e Chirurgia in lingua Inglese e che si era visto non conteggiare una risposta corretta per un probabile “erroneo funzionamento del lettore ottico”, avallando la tesi dell’Avv. Michele Bonetti fondatore dello studio legale Michele Bonetti e Santi Delia.

Il Giudice Amministrativo dopo aver ammesso con riserva il ricorrente al corso di studi, con la sentenza pubblicata in data 9 gennaio 2020 accoglie nel merito il ricorso presentato dallo studente rilevando: “il preteso punteggio supplementare di 1.50 punti consentirebbe al ricorrente – attualmente al n. 1278 della graduatoria – di conseguire un punteggio complessivo di 36,90, con conseguente collocazione in posizione utile per l’accesso al corso di laurea per cui è causa nonché come egli, nel rispondere alla domanda n. 57 del proprio compito (corrispondente al n. 54 della matrice ministeriale) abbia apposto sulla propria scheda una croce in corrispondenza della casella “B” (effettivamente coincidente con la risposta corretta), toccandone i bordi e senza sfiorare le caselle attigue (in tal senso, quanto emerge dalla lettura della copia della scheda risposte depositata in atti).

Ne discende come non vi sia alcuna ragione per non attribuire al ricorrente anche il punteggio relativo a tale quesito – al quale egli ha, quindi, risposto correttamente – che, unitamente a quelli già riconosciuti per le altre risposte, egli avrebbe consentito di ottenere l’ammissione al corso di laurea in Medicina e Chirurgia in lingua inglese (in senso conforme, questo TAR, Sezione III n. 7676/2013 e sezione III bis n. 9014/2012)”.

Il TAR Lazio ha confermato un orientamento giustamente garantista che si uniforma al principio conservativo ad alla predominanza della sostanza sulla forma.

Una differente interpretazione avrebbe privilegiato impunemente un principio rigidamente formalistico che oltre a penalizzare il candidato avrebbe frustrato i principi costituzionali sottesi all’attività amministrativa.

Nella decisione il G.A. sancisce in capo all’Amministrazione il dovere di riesaminare gli atti quando vi è una specifica contestazione delle risultanze date dal sistema informatico: “Ritiene, infatti il Collegio che – come già osservato in sede cautelare – se, come evidenziato dal Ministero, l’amministrazione, in linea generale, non possa che fare riferimento alle risultanze fornite dal sistema di lettura ottica, è pur vero che in caso di specifica contestazione di tali risultanze essa sia tenuta ad esaminare gli atti che vengono in rilievo, approdando, indipendentemente dall’esito dell’esame automatico dei sistemi ottici, alle conclusioni che ritiene più corrette”.