La bocciatura a scuola tra divieto di legge e comportamento processuale dell’amministrazione: commento all’Ordinanza del Consiglio di Stato del 10 febbraio 2020
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Ci troviamo a commentare un’ordinanza del Supremo Consiglio, di recentissima pubblicazione, con rilevanza non solo sul merito della questione, che di seguito si analizzerà, ma che lascia spunti anche di carattere processual amministrativo.

Quello che i Giudici di Palazzo Spada hanno sancito è un principio, già in precedenza esplicitato dalla magistratura amministrativa (http://www.semprediritti.it/index.php/aree-di-interesse/scuola-e-universita/item/728-se-la-bocciatura-a-scuola-arriva-dinanzi-ai-giudici-la-dura-verit%C3%A0-di-provare-a-far-rispettare-le-leggi), di massima tutela per i giovanisimi studenti della scuola di primo grado.

Il tema è quello delle bocciature nella scuola primaria, molto delicato in quanto in questa particolare fase della crescita e formazione scolastica l’alunno può trovarsi nella difficoltà di dover afforontare un percorso non sempre caratterizzato da un rendimento omogeneo.

Su tale presupposto la legge, ed in particolare il D.lgs. 13 aprile 2017 n. 62 e la Circolare n.1865 del 10.10.2017, si preoccupa di dettare regole di favore per lo studente della scuola media. Il consiglio di classe è obbligato a tenere in considerazione periodi scolastici ampi per decretare l’eventuale bocciatura. In ogni caso si accorda preferenza a strumenti alternativi e meno invasivi della bocciatura per consentire all’alunno di recuperare le lacune anche in più materie.

Il caso in esame, per l’appunto, concerne un giudizio (illegittimo) del consiglio di classe di mancata ammissione all’esame di terza media, adottato considerando il solo arco temporale dell’ultimo quadrimestre dell’ultimo anno scolastico.

Gli spunti critici ulteriori sulla vicenda nascono, però, dal rilievo effettuato dal Consiglio di Stato circa il comportamento tenuto dall’Amministrazione nel processo.

Evidenzia il Collegio giudicante che, nonostante il provvedimento (ovvero, la bocciatura) si fondasse dichiaratamente sull’analisi del “secondo quadrimestre”, la difesa dell’Amministrazione aveva in realtà affermato una diversa e contrastante ricostruzione dei fatti. Per la prima volta nel corso del giudizio, infatti, emergeva la deduzione che la mancata ammissione all’esame avesse alla base una valutazione operata sull’intero arco scolastico dell’alunna e che le lacune si riferissero, dunque, ad una condizione insanabile su tutto il triennio.

Tra l’altro il provvedimento ben si adatta al caso di specie considerando la circostanza che la media dei voti era prossima alla sufficienza e che, nei fatti, in sole due materie vi fossero insufficienze (di cui una non grave).

Non è mancata la chiara presa di posizione del Supremo Collegio. Vi è una contraddizione insanabile tra quanto affermato nell’atto amministrativo impugnato e le deduzioni difensive prodotte dall’Amministrazione in appello.

Nel caso di specie, dagli atti procedimentali della scuola emergeva la sola considerazione del quadrimestre “incriminato”, mentre ciò che veniva dichiarato (e che non risultava agli atti) concerneva una presunta analisi più ampia, come impone la giurisprudenza maggioritaria in materia.

Quello che viene sancito, oltre all’importanza della pronuncia per la tutela degli interessi dei soggetti coinvolti, è un’applicazione peculiare dei poteri valutativi del giudice. Nella fattispecie è risultato decisivo il comportamento processuale tenuto dalla parte pubblica, difesasi con argomentazioni aggiuntive e contrastanti rispetto al contenuto dell’atto amministrativo emanato.

L’acuta osservazione dell’Ordinanza rielabora in chiave tecnica e garantista i principi di cui all’art. 114 c.p.c., fatti propri dal c.p.a. con l’art. 64, che considera il comportamento processuale un argomento di prova.

L’antitesi tra la posizione della difesa erariale e l’atto amministrativo, in un contesto pubblicistico come quello di specie, che verte in tema di diritti costituzionali e beni della vita, non può che portare alle condivisibili deduzioni dell’Ordinanza del Consiglio di Stato.

Nel processo amministrativo rilevano, dunque, le deduzioni svolte dalla parte pubblica in quanto in contraddizione con le motivazioni del provvedimento amministrativo.

La contraddizione tra la motivazione addotta dalla difesa dell’Amministrazione e quella presente nel provvedimento impugnato impone, come condivisibile, il riesame invocato nel giudizio per il tramite di un’istanza cautelare, nel caso di specie, finalizzata alla rinnovazione del giudizio di ammissione.

In tal modo il pronunciamento pare collocarsi in linea con le ordinanze propulsive tramite le quali il Giudice Amministrativo, in sede collegiale, può sollecitare un’attività della P.A.; e così, con la misura cautelare del riesame, o di remand, non si sospendono semplicemente gli effetti del provvedimento impugnato, ma in modo equilibrato il Giudice di seconde cure in sede collegiale richiede all’Amministrazione di riesaminare la questione e di rideterminarsi.

Il piccolo studente ed i suoi genitori vedranno, grazie al provvedimento in analisi, una riforma del giudizio comminato dalla scuola in senso conforme alle norme di legge.

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