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Pubblicato in Altri diritti

ASSOLUZIONE PER “LIEVITA’ DEL REATO” E “DEPENALIZZAZIONE” NEL NOSTRO SISTEMA PUNITIVO

by Avv. Roberto Pasquali on01 Marzo 2016

Con l’intento di  deflazionare lo stracarico sistema processuale penale italiano 

il legislatore ha introdotto di recente una nuova causa di non punibilità nel nostro ordinamentogiuridico, l’assoluzione per “tenuità del fatto” e, a ruota, ha previsto la “depenalizzazione” di tutta una serie di reati.

Andiamo per gradi.

A partire dal 2 aprile 2015, i reati per i quali è prevista la sola pena pecuniaria, oppure la pena detentiva non superiore a cinque anni, anche nelle ipotesi in cui le due pene siano previste  congiuntamente, potranno essere non più punibili qualora la condotta illecita venga giudicata “lieve”.

In altre parole, se il reato è giudicato di poco conto, ora il giudice  potrà mandare  assolto il reo.

Affinché sia però possibile applicare l’istituto in parola occorre oltre all’”esiguità del danno” o del pericolo,  la “mancanza di abitualità” nel comportamento di chi commette il reato. Ciò vuol dire che non potrà essere  assolto, ad esempio, chi sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, e chi abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità.

Inoltre la  “tenuità”  deve ritenersi esclusa quando la condotta è caratterizzata da crudeltà, motivi abietti o futili, in danno di animali, con sevizie  nei confronti di persona con minorate possibilità di difesa o quando le conseguenze procurate dall’offensore siano di particolare gravità (ad esempio quando dal reato consegua morte o lesioni gravissime).

Tra i reati per i quali ora si può passare direttamente all’archiviazione troviamo l’esercizio abusivo di una professione, l’appropriazione indebita, gli atti osceni, l’impiego di minori nell’accattonaggio, l’ingiuria, la diffamazione, il furto semplice, le lesioni colpose, l’omissione di soccorso, la minaccia, la violenza privata, il peculato, l’abuso d’ufficio e tanti altri.

Quello in questione è un provvedimento ad ampio raggio che non solo riguarda un gran numero di reati, ma che richiede altresì un’attenta valutazione della sussistenza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen.  (quali la natura, la specie, i mezzi, il tempo, il luogo e da ogni altra modalità dell'azione, la gravità del danno o del pericolo cagionato, l’intensità del dolo o il grado della colpa ecc, ) e della personalità complessiva dell’imputato (motivi a delinquere, carattere del reo,  condizioni di vita individuale, familiare e sociale, precedenti penali ecc.).

Le prime decisioni in materia, da parte  di alcuni tribunali, hanno riconosciuto  “lieve” e non punibile, ad esempio, il furto di tre tavolette di cioccolato in un supermercato, oppure la frode in commercio di una ragazza che aveva venduto un cagnolino nascondendone i difetti fisici, oppure il falso di un uomo che aveva alterato un permesso di parcheggio rilasciato dal Comune.

Dall’8 febbraio 2016, inoltre, è diventata  operativa la c.d. “depenalizzazione”che porta fuori dal codice penale oltre 40 illeciti.

Alcuni di questi reati vengono trasformati in semplici “illeciti amministrativi” (al pari delle multe stradali, per intenderci) e, per essi, potrà scattare una sanzione fino a 30.000,00 euro; gli altri reati, invece, vengono trasformati in “illeciti civili”, per cui sarà la parte offesa a dover citare direttamente il colpevole in giudizio per chiedere il  risarcimento del danno; nello stesso giudizio, inoltre, il giudice comminerà anche una multa ulteriore.

Tra i principali reati che sono stati depenalizzati troviamo la falsità in scrittura privata, gli atti osceni, gli atti contrari alla pubblica decenza e il turpiloquio,l’ingiuria, la sottrazione di cose comuni, il danneggiamento semplice, il mancato rispetto dell’autorizzazione alla coltivazione di stupefacenti per uso terapeutico, la guida senza patente, l’emissione di assegno a vuoto, tanti reati in materia di contrabbando e così via.

Anche se non si sporca la fedina penale, dunque,le sanzioni pecuniarie saranno però molto più pesanti rispetto alle vecchie.

Per fare qualche esempio pratico, relativamente ai reati trasformati in “illeciti amministrativi”,l’art. 527, co. 1 cod .pen. puniva gli atti osceni con la reclusione da 3 mesi a 3 anni; ora niente più reclusione ma la sanzione amministrativa parte da € 5.000,00 per arrivare a €30.000,00.

Per tali “illeciti amministrativi” il colpevole avrà sempre la possibilità di difendersi contro la nuova sanzione, intentando un’opposizione e dimostrando la propria innocenza.

Per i reati trasformati in “illeciti civili”, quali l’ingiuria, le cose sono diverse.

In precedenza l’articolo 594 cod. pen. prevedeva la reclusione fino a 6 mesi o la multa fino a € 516,00 (e la reclusione fino a 1 anno o multa fino a € 1.032,00 con attribuzione di fatto determinato).

Anche qui, attualmente,  niente più reclusione e quindi la parte offesa non dovrà più querelare  il colpevole, ma dovrà intraprendere una ordinaria causa civile volta ad ottenere il risarcimento del danno subito.  Il responsabile dell’offesa, in sostanza, al termine del giudizio civile, rischierà di dover pagare i danni arrecati alla parte offesa (da 100,00a 8.000,00), e in più di dover pagare alle casse dello Stato una sanzione pecuniaria tra i 200,00 euro ai 12.000,00 euro.

In sintesi, l’ingiuria ha ora un duplice effetto: obbliga al risarcimento del danno  (con prescrizione  in cinque anni) e obbliga al pagamento della sanzione civile verso lo Stato (con prescrizione sempre quinquennale).

Contro il provvedimento di condanna del giudice è naturalmente possibile l’appello e successivamente  il ricorso in Cassazione.

Viceversa, in assenza di una citazione per il risarcimento del danno, il colpevole non subirà alcuna conseguenza.

 

Ultima modifica il 01 Marzo 2016