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Pubblicato in Altri diritti

Specializzazioni mediche e diritto alla giusta remunerazione

La vicenda degli ex specializzandi risale agli anni ’80, quando furono promulgate le direttive europee 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE che imponevano agli Stati membri di corrispondere il giusto compenso 

ai camici bianchi per gli anni di specializzazione post laurea, in medicina.

Nonostante l’obbligo sia entrato in vigore a partire dal 1 gennaio 1983 (il 31 dicembre 1982 era il termine entro cui lo Stato Italiano avrebbe dovuto dare attuazione alla direttiva) i medici immatricolatisi ad una scuola di specializzazione tra gli anni 1982-1993 e 1994-2006, non si sono visti riconoscere il corretto trattamento economico.

 

In particolare, i primi non hanno ricevuto alcun compenso, mentre i secondi pur ricevendo un compenso parziale, sono stati privati della rivalutazione periodica, delle coperture previdenziali e assicurative e delle differenze contributive.

Al riguardo va chiarito che l'art. 13 della direttiva CEE n. 76 del 1982 in materia di formazione dei medici specialisti, con il quale veniva inserito l'allegato I alla direttiva comunitaria 75/363, testualmente recitava: “Caratteristiche della formazione a tempo pieno e della formazione a tempo ridotto dei medici specialisti 1. Formazione a tempo pieno dei medici specialisti. Essa si effettua in posti di formazione specifici riconosciuti dalle autorità competenti. Essa implica la partecipazione alla totalità delle attività mediche del servizio nel quale si effettua la formazione, comprese le guardie, in modo che lo specialista in via di formazione dedichi a tale formazione pratica e teorica tutta la sua attività professionale per l'intera durata della normale settimana lavorativa e per tutta la durata dell'anno, secondo le modalità fissate dalle autorità competenti. Tale formazione forma pertanto oggetto di una adeguata rimunerazione.”

 

Tali principi, venivano ribaditi anche dalla successiva direttiva CEE n. 16 del 1993.

Tuttavia solo con il d.lgs. n. 257/1991 il legislatore nazionale, con circa dieci anni di ritardo, procedeva a dare attuazione alla direttiva n. 76 del 1982 prevedendo che la formazione del medico specialista a tempo pieno dovesse implicare la partecipazione alla totalità delle attività mediche del servizio di cui fanno parte le strutture nelle quali essa si effettua, ivi comprese le guardie e l'attività operatoria per le discipline chirurgiche, nonché la graduale assunzione dei compiti assistenziali in modo che lo specializzando dedicasse alla formazione pratica e teorica tutta la sua attività professionale per l'intero anno (art. 4) e che agli ammessi alle scuole di specializzazione nei limiti definiti dalla programmazione di cui all'art. 2, comma 2 in relazione all'attuazione dell'impegno a tempo pieno la loro formazione, venisse corrisposta, per tutta la durata del corso, ad esclusione dei periodi di sospensione della formazione specialistica, una borsa di studio determinata per l'anno 1991 in L. 21.500.000, da incrementarsi al tasso annuale di inflazione e rideterminarsi ogni triennio con decreto ministeriale.

Dunque con la previsione di una borsa di studio erogata annualmente veniva introdotto il concetto di una formazione specialistica retribuita e a tempo pieno.

 

Ad innovare il mondo delle specializzazioni mediche interveniva nuovamente nel 1999 il decreto legislativo n. 368 che, in attuazione (anche qui con circa sei anni di ritardo) della direttiva CEE 93/16 in "materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli", abrogava il sopra menzionato decreto legislativo 257/91 sostituendo la borsa di studio con l’introduzione di un contratto di formazione-lavoro.

In particolare la disposizione normativa in parola, dall’art. 37 all’art. 39, stabiliva che, all'atto dell'iscrizione alle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, il medico stipuli uno specifico contratto annuale di formazione-lavoro: “Il trattamento economico è determinato, ogni tre anni, con il decreto di cui all'articolo 35, comma 1, nei limiti dei fondi previsti dall'articolo 6, comma 2, della L. 29 dicembre 1990, n. 428, e delle quote del Fondo sanitario nazionale destinate al finanziamento della formazione dei medici specialisti. Il trattamento stesso è costituito da una parte fissa, uguale per tutte le specializzazioni e per tutta la durata del corso di specializzazione, e da una parte variabile, differenziata per tipologie di specializzazioni, per la loro durata e per anno di corso. Il trattamento economico è corrisposto mensilmente dalle università presso cui operano le scuole di specializzazione” (art. 39).

 

Tuttavia sebbene tali disposizioni sembrino sgombrare definitivamente il campo da ogni dissidio relativo alla piena e corretta trasposizione della direttiva comunitaria nell’ordinamento interno, ancora nel 1999 tale obbiettivo rappresentava niente più che un mito a cui tendere.

La normativa in parola non trovava immediata applicazione in quanto l'art. 46 dello stesso provvedimento disponeva che "agli oneri recati dal Titolo VI del presente decreto legislativo si provvede nei limiti delle risorse previste dall'art. 6, comma 2, della L. 29 dicembre 1990, n. 428, delle quote del Fondo sanitario nazionale destinate al finanziamento della formazione dei medici specialisti, nonchè delle ulteriori risorse autorizzate da apposito provvedimento legislativo.

Le disposizioni di cui agli articoli 39 e 41 si applicano dall'entrata in vigore del provvedimento di cui al comma 1; fino all'entrata in vigore del predetto provvedimento continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all'art. 6 del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257".

 

Peccato che il provvedimento legislativo di cui al comma 1 dell’art. 46 d.lgs 368/1999, intervenne solo sei anni più tardi, con la Legge. 23 dicembre 2005, n. 266 .

Quest’ultima apportava ulteriori modifiche al D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, sostituendo all'articolo 37 le parole "di formazione-lavoro" con le parole "di formazione specialistica" e rideterminando i profili attinenti al trattamento economico, prevedendo in particolare che il trattamento economico fosse costituito da una parte fissa, uguale per tutte le specializzazioni e per tutta la durata del corso, e da una parte variabile, e che altresì fosse determinato annualmente con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dell'economia e delle finanze, avuto riguardo preferibilmente al percorso formativo degli ultimi tre anni.

 

Inoltre, dulcis in fundo, la norma, prevedeva espressamente che tale diverso assetto retributivo si applicasse a decorrere dall'anno accademico 2006-2007, ribadendo che fino all'anno accademico 2005-2006 rimaneva operante la disciplina dettata dal D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257.

Evidente pertanto che in considerazione di quanto sopra il termine di prescrizione della pretesa risarcitoria non abbia cominciato a decorrere se non dall’emanazione dei D.P.C.M. 7 marzo, 6 luglio e 2 novembre 2007.

“Nel caso di direttiva comunitaria sufficientemente specifica nell'attribuire diritti ai singoli, ma non autoesecutiva (nella specie, le direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, in tema di retribuzione della formazione dei medici specializzandi), l'inadempimento statuale alla sua attuazione integra gli estremi della condotta idonea a generare, in modo permanente, un obbligo di risarcimento danni a favore dei soggetti che successivamente si vengano a trovare in condizioni di fatto tali che, se la direttiva fosse stata adempiuta, avrebbero acquisito i diritti da essa riconosciuti, con la conseguenza che la prescrizione decennale del relativo diritto risarcitorio non decorre, perchè l'inadempimento statuale perpetua l'obbligo risarcitorio "de die in diem".

 

Alla stregua dell’evocato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, pertanto, nel caso di specie il termine di prescrizione del diritto azionato dagli appellanti, avente ad oggetto l’inadempimento all’obbligo di recepire la direttiva 93/16, ossia un illecito permanente per tutta la durata dell’inadempienza, non ha iniziato a correre se non dal momento in cui la Repubblica Italiana, finalmente riconoscendo agli specializzandi il compenso di cui al decreto legislativo 368/99 (attuativo della predetta Direttiva), ha interrotto la permanenza dell’illecito.

Deve, quindi, ritenersi che il termine di prescrizione della pretesa risarcitoria non possa cominciare a decorrere se non dall’emanazione dei D.P.C.M. 7 marzo, 6 luglio e 2 novembre 2007 a nulla rilevando la data di conclusione del corso di specializzazione.

A causa dei tardivi ed incompleti interventi normativi predisposti sul punto dallo Stato italiano, sino al 2007, i medici specializzandi sono stati totalmente privati della possibilità di far valere il loro diritti dinanzi ai giudici nazionali (prima a causa del mancato recepimento e in seguito, a causa della sospensione degli atti normativi di adeguamento, e ciò fino alla disposizione attuativa contenuta nella Legge. 23 dicembre 2005, n. 266).

 

Dunque, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione, il dato di partenza a riguardo sarà che la corretta trasposizione delle direttive europee in materia, ossia la loro integrale applicazione, non si è mai verificata in Italia.

Ciò premesso appare di lampante evidenza come non possa professarsi la prescrizione di un diritto se quest’ultimo non è ancora venuto ad esistenza.

Essa, come chiarito in apertura del presente scritto doveva avvenire entro il 31 dicembre 1982.

Tale termine non venne rispettato (e per questo, lo Stato italiano venne dichiarato inadempiente dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 7 luglio 1987, C-49-86).

Avendo pertanto lo Stato italiano mancato di adempiere sino all’anno accademico 2006/2007 agli obblighi che gli derivavano dalla Direttiva 93/16, così come definiti proprio dal D.lgs n. 368/1999, lo stesso dovrà rispondere dell’inadempimento e risarcire gli ex specializzandi nella misura differenziale tra quanto eventualmente percepito ex D.lgs n.368/1999, pari a L. 21.500.000 (Euro 11.000,00 circa annui) e quanto invece previsto dai D.P.C.M. 7 marzo, 6 luglio e 2 novembre 2007, pari ad € 25.000,00; e dunque, circa € 14.000,00 per anno di specializzazione.

 

Tale assunto trova conferma nella circostanza per cui, la situazione di danno creatasi a seguito della mancata ottemperanza, si è configurata fin tanto che è perdurato il comportamento omissivo del legislatore nazionale.

Pertanto poiché la posizione di soggetti interessati poteva trovare soddisfazione solo con il comportamento unilaterale della Stato italiano di adempimento della direttiva, comportamento cui del resto la Repubblica continuava ed essere tenuta, la situazione di danno in capo ai soggetti lesi si presentava (sino al 2007) non certo come effetto ormai determinato, ma come effetto determinato de die in die.

Ne può tacersi che l’unico modo di soddisfazione, d’altro canto, era nell’esclusiva disponibilità dello Stato italiano, trattandosi di attività legislativa e non avendo pertanto i soggetti interessati alcun potere per provocarlo.

Il perdurare di una condotta omissiva a fronte del necessario adempimento delle direttive, è stato tale da determinare continuamente la permanenza dell’obbligo risarcitorio, e quindi del danno.

 

Appare, poi, doveroso evidenziare come la giurisprudenza, sia comunitaria che interna (di merito e di legittimità) continui ad avere un approccio alla problematica in esame, non del tutto unanime; soprattutto per ciò che attiene al dies a quo da cui conteggiare il decorso dei termini di prescrizione.

Sembra necessario un riferimento alla giurisprudenza (prevalentemente di merito) per la quale il termine di prescrizione decennale inizierebbe a decorrere dal 27.10.1999, data di entrata in vigore dell’art. 11 della legge 19 ottobre 1999, n. 370, con il quale il legislatore ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio unicamente in favore degli specializzandi medici ammessi alle scuole negli anni 1983-1991 e destinatari delle sentenze passate in giudicato del Tribunale amministrativo regionale del Lazio (sezione I-bis), numeri 601 del 1993, 279 del 1994, 280 del 1994, 281 del 1994, 282 del 1994, 283 del 1994, poiché solo da detta data l’obbligo risarcitorio è divenuto per i soggetti esclusi, e quindi per i medici non destinatari delle pronunzie del giudice amministrativo, apprezzabile come un effetto della condotta di inadempimento ormai definitivo, con il conseguente venir meno, a quella data, della permanenza del medesimo obbligo altrimenti perpetuantesi de die in diem.

Per dovere di completezza ed al fine di dare ulteriormente conto dell’ondivago orientamento giurisprudenziale, si rappresenta che con alcune pronunce la Cassazione ha esteso il diritto al rimborso anche a chi si è iscritto prima del 1983, mentre per quella che è definita una zona d’ombra, relativamente agli iscritti tra il 1991 ed il 1993, la giurisprudenza è orientata a collocarli nell’applicazione dei diritti post 1993.

Se, comunque, può risultare una questione di mera interpretazione l’individuazione della data in cui il termine di prescrizione potrà ritenersi definitivamente stabilizzato, rappresenta, al contrario, un dato inconfutabile che il termine ultimo con cui far coincidere la decorrenza della prescrizione decennale, vada individuato con le date di emanazione dei DPCM del 7 marzo, 6 luglio e 2 novembre 2007.

Di conseguenza la prescrizione interverrà il 7 marzo, il 6 luglio ed il 2 novembre del 2017 qualora si aderisca alle interpretazioni garantiste sopra dedotte.

Nondimeno si rappresenta pertanto che nonostante le criticità giurisprudenziali lamentate sia possibile esperire ricorsi giurisdizionali prima delle predette scadenze.

I progetti di legge calendarizzati presentano una possibilità di opposizione in tal senso. Nello specifico, è tornato all’ordine del giorno della VII Commissione Istruzione del Senato il Ddl 2400 per l’accordo transattivo tra lo Stato ed i medici che si sono specializzati tra il 1978 ed il 2006 senza ricevere il corretto trattamento economico durante la scuola di specializzazione. Accordo transattivo valido solo per chi avrà avanzato ricorso e che rappresenta la soluzione ottimale nonché la più responsabile per garantire il diritto degli ex specializzandi senza sottoporre le finanze pubbliche ad un salasso. Infatti, da tempo stiamo assistendo ad una vorticosa crescita dei rimborsi, la giurisprudenza è ormai consolidata in favore dei ricorrenti e ciò espone lo Stato e tutti i cittadini al rischio di un esborso superiore ai 5 miliardi di euro. Nel corso del 2016 sono stati rimborsati dallo Stato oltre 1000 medici specialisti, con un importo complessivo di oltre 34,6 milioni di euro. Si tratta di numeri esorbitanti che, stando alle sentenze attese nei prossimi mesi, verranno quintuplicati nell’arco del 2017. Secondo le stime della principale realtà a tutela degli operatori sanitari, dalle casse pubbliche, e in particolare dalla Presidenza del Consiglio che materialmente produce gli assegni per i medici, nei prossimi mesi usciranno più di 149,5 milioni di euro in favore di 5210 ex specializzandi del periodo 1978-2006. Ad oggi sono già oltre 500 i miliondi euro riconosciuti ai medici che hanno aderito alle azioni collettive avviate per la tardiva applicazione delle direttive Ue in materia. Solo dopo la condanna della Corte di Giustizia Europea (25/02/1999 e 3/10/2000) il nostro Paese si è, infatti, messo in regola, a partire dal 2006, nei confronti degli specializzandi in Medicina, corrispondendo loro il corretto trattamento economico previsto. Nel 2017, per la precisione ad ottobre, scatta, invece, la prescrizione e dunque restano pochi mesi per tutelarsi attraverso un atto interruttivo.

L’impennata di rimborsi attesa per il 2017 conferma il trend progressivo degli ultimi anni dovuto sostanzialmente al consolidamento della giurisprudenza in favore dei ricorrenti e allo svolgimento dei processi, di conseguenza, senza le lungaggini dell’attività istruttoria. Di pari passo con le sentenze arrivano con sempre maggiore velocità anche i pagamenti da parte della Presidenza del Consiglio, che per evitare ulteriori spese tra interessi e more, versa le somme dovute non appena arriva la notifica della sentenza. Per questo riteniamo che ci sia l’intenzione di arrivare ad un accordo transattivo e invitiamo i medici che non l’hanno ancora fatto a non correre il rischio di dover rinunciare al diritto al rimborso confermato da sentenze sempre più numerose. Per maggiori info vai su: http://www.avvocatomichelebonetti.it/campagne/medici-e-affini/medici-specialisti-82-91/1523-parte-l-azione-collettiva-per-i-medici-specializzati-dall-a-a-accademico-1978-1979-all-anno-accademico-2005-2006-che-non-abbiano-ancora-incardinato-alcun-giudizio

Ultima modifica il 14 Febbraio 2017