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Pubblicato in Interviste

La nuova legge elettorale. L'Italicum al vaglio del Senato: intervista al prof. Celotto

by Dott.ssa Roberta Nardi e Dott. Riccardo Aiello on02 Settembre 2014

Preg.mo Professore, attualmente Capo dell'ufficio legislativo del Ministero dello Sviluppo Economico, ci ritroviamo all’indomani della prima lettura al Senato della riforma del Titolo V della Costituzione a commentare la prossima discussione sull’approvazione della legge elettorale già licenziata dalla Camera dei Deputati nel marzo scorso (cd. “Italicum”) e che in questi giorni è tornata di grande attualità nel dibattito politico e giuridico in virtù delle possibili modifiche che potrebbero intervenire a seguito del profilarsi di nuovi accordi “bipartisan” su alcuni snodi centrali che interessano prevalentemente il tema delle preferenze e quello delle soglie necessarie che i partiti devono raggiungere per l’accesso alla ripartizione dei seggi e per il conseguimento del premio di maggioranza.

Come è noto, la Corte costituzionale con la sentenza n. 1 del 2014 tra i punti di censura più rilevanti ha dichiarato costituzionalmente illegittima la precedente legge elettorale (l. n. 270/2005, cd. “Porcellum”) nella parte in cui disciplinava il meccanismo del premio di maggioranza in modo tale da farlo scattare a prescindere dai voti raccolti (a livello nazionale alla Camera e regione per regione al Senato). Il meccanismo previsto dalla nuova legge elettorale (“Italicum”) prevede invece una soglia, pari al 37% dei voti raccolti, al raggiungimento della quale scatta il premio di maggioranza che può portare la coalizione o il partito vincente a conseguire il 55% dei seggi in Parlamento. Il profilarsi di una modifica sul punto fino all’innalzamento di questa soglia al 40% dei voti con la previsione per il vincitore di un premio di maggioranza fino al 15% è idonea, secondo Lei, a garantire un’aderenza ai rilievi sollevati dalla Corte al riguardo?

La Corte costituzionale ha ritenuto illegittimo un premio di maggioranza sproporzionato, come è accaduto per quello applicato nelle elezioni di febbraio 2013 (che alla Camera dei deputati ha “regalato” quasi 30 punti percentuali in seggi). Il meccanismo per ora individuato nel c.d. Italicum sembra superare i rilievi di incostituzionalità, trattandosi di un premio limitato e che scatta soltanto al superamento di una soglia significativa. Un premio di maggioranza così configurato serve a privilegiare la governabilità. Un premio di maggioranza come quello previsto nel c.d. Porcellum rischiava di avvilire eccessivamente la rappresentatività.

Per ottenere un premio di maggioranza ragionevole e quindi costituzionalmente legittimo si tratta di bilanciare proprio governabilità e rappresentatività, nel senso di aiutare la governabilità senza deprimere troppo la rappresentatività.

Tema assai dibattuto proprio in questi giorni risulta essere poi quello delle “preferenze”. La riforma del Senato così come licenziata dalla prima lettura in Senato prevede una elezione di “seconda nomina” dei componenti della futura “Camera delle Regioni”. Per la Camera dei Deputati, invece, la legge elettorale nel suo testo a breve in discussione in Senato prevede l’elezione dei suoi componenti mediante il meccanismo dei cd. “listini bloccati” (mini liste da tre a sei candidati predisposte dai partiti per ogni collegio elettorale). Alla luce della previsione di un Senato composto da membri di seconda nomina ritiene giusto anche alla luce delle determinazioni assunte dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 1 del 2014 un approfondimento parlamentare in merito alla possibilità di prevedere un meccanismo elettivo, almeno per la Camera, basato sul sistema delle preferenze?

Secondo me va innanzitutto sfatato il mito delle preferenze. In almeno metà degli Stati del mondo si vota con modelli che non hanno le preferenze, senza che ciò determini contestazioni circa la scarsa rappresentatività. Lo ripeto in altri termini: quando noi italiani votiamo alle Regionali ci sentiamo più rappresentati dal fatto che esprimiamo anche un voto di preferenza personale? A me non sembra.

Comunque è importante per la giusta rappresentatività mantenere un legame tra eletti e territori: in questo il sistema del c.d. Porcellum non funzionava. Tale legame si può recuperare con le preferenze o con un sistema a collegi piccoli, come prefigura il c.d. Italicum.

La vera differenza tra le preferenze e i collegi piccoli riguarda il potere delle segreterie di partito. Con le preferenze i partiti non possono “scegliere”  candidati da portare in parlamento, in quanto ciascun candidato si costruisce le proprie preferenze, anche in eventuale (parziale) dissenso con il partito. Diverso è quando si vota con  “designazioni” dei partiti: in Parlamento arriveranno solo candidati “graditi” ai partiti.

Le preferenze non sono imposte dalla Costituzione. La Costituzione vuole un legame tra candidati e territori. Avere le preferenze (come indicato dalla Corte costituzionale) o avere i collegi piccoli (come delineato dal c.d. Italicum) è solo una questione di convenienza dei partiti.

L’eventuale previsione poi di un sistema elettorale che preveda per la Camera dei Deputati un’elezione diretta dei suoi membri da parte dei cittadini attraverso il sistema delle preferenze e per la Camera delle Regioni invece un’elezione indiretta ad opera dei Consigli regionali non è suscettibile di determinare una discutibile contraddizione normativa nella previsione di una immunità parlamentare prevista indistintamente per i componenti di entrambe le Camere?

Sistema elettorale e questione delle immunità non devono essere mescolate. Le immunità sono una garanzia dell'immunità del Parlamento. Comunque sia eletto. Non vedo ragione di negare l'immunità sulla base del sistema elettorale prescelto.

Nel corso di questi ultimi anni ogni proposta di riforma della legge elettorale ha portato con sé accanto al tema della rappresentatività quello non meno importante della governabilità. La legge elettorale approvata alla Camera prevede delle soglie di sbarramento abbastanza alte (12% per le coalizioni di partiti; 4,5% per i partiti all’interno di una coalizione; 8% per i partiti che non si coalizzano). Nelle ipotesi di modifica battute dalle agenzie di stampa in queste ore sembra profilarsi un loro abbassamento. A suo parere, le soglie così come previste nel testo licenziato dalla Camera rappresentano il giusto equilibrio tra le esigenze di rappresentatività e quelle di governabilità? E’ necessario, secondo Lei, intervenire nel senso di un loro abbassamento?

Le soglie di sbarramento servono a evitare una eccessiva frammentazione della rappresentanza. Ora, in un sistema con molti partiti piccoli, come quello italiano, le soglie di sbarramento rappresentano un grosso spauracchio. La mia impressione è che proprio il livello delle soglie sarà il punto di trattativa principale e più delicato. Con i grandi partiti che cercano di innalzarlo e i piccoli di abbassarlo. Lotta per la sopravvivenza, no?

Ultima modifica il 08 Settembre 2014