Mancanza, quella del tempo, spesso legata alla difficoltà di gestione dello stesso per via del lavoro e dei relativi tempi di spostamento, spesso lunghissimi, per raggiungere il proprio posto di lavoro. Da qui l’introduzione del lavoro agile, nato dall’esigenza o meglio dalla necessità di rendere più flessibile la modalità di esecuzione della prestazione di lavoro, al fine di agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, nonché di incrementare la produttività.
Il lavoro agile - anche chiamato smart working - introdotto dal Disegno di Legge2233 recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato” ed approvato definitivamente dal Senato il 10 maggio 2017, non costituisce una tipologia contrattuale, ma uno strumento, una modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, quanto al luogo e ai tempi di lavoro.
Il lavoro agile, infatti, viene svolto dal lavoratore in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno (ad esempio: due ore al giorno, ogni mattina, un pomeriggio o un giorno a settimana etc…), con l’utilizzo di strumenti tecnologici, seguendo gli orari previsti dal contratto di riferimento e senza la necessità di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti all’esterno dei locali aziendali. Ciò permette alle aziende di spostare l'attenzione nella valutazione del lavoratore verso i risultati che è in grado di garantire e non verso le ore passate in ufficio.
Tale modalità flessibile di esecuzione della prestazione di lavoro può essere adottata da ogni azienda per quelle attività lavorative che non necessitano di una presenza fissa in azienda o di un uso di specifiche attrezzature. Ciò consente di rispondere, da un lato, all’esigenza dei lavoratori di meglio coniugare i tempi di vita e di lavoro, lasciando in tal modo il dipendente libero di organizzarsi spazi, tempi e luoghi di lavoro, così da renderlo più responsabile del proprio operato e, dall’altro lato, alle imprese di ridurre strutture fisse e costi (es. spese energetiche connesse all’illuminazione dei locali, alla climatizzazione estiva e invernale, gestione delle mense, pulizia).
La disciplina di tale modalità di esecuzione del lavoro è rimessa all’autonomia negoziale delle parti (datore di lavoro e lavoratore), che con la sottoscrizione di un accordo individuale, a tempo determinato o indeterminato (in tale ultimo caso il recesso potrà avvenire con un preavviso non inferiore a 30 giorni), dovranno definire, entro i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva di riferimento:
- le forme di esercizio del potere direttivo e di controllo del datore di lavoro, nel rispetto della disciplina dei controlli a distanza (art. 4 L. 20 maggio 1970 n. 300);
- gli strumenti tecnologici che verranno utilizzati;
- i tempi di riposo e le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione dagli strumenti tecnologici di lavoro;
- le condotte legate al lavoro esterno all’ufficio rilevanti ai fini disciplinari.
A ciò aggiungasi che il lavoratore che presta l’attività di lavoro subordinato in modalità agile ha diritto di ricevere un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato ai lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda, nonché le tutele previste contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione di lavoro resa fuori dall’azienda.
Lo smart working, in definitiva, rappresenta più che una rivoluzione, come molti l’hanno definita, una vera e propria evoluzione del rapporto di lavoro dipendente teso alla valorizzazione del lavoratore come persona e non come “numero”, del lavoro svolto a prescindere dal tempo e dal luogo in cui si svolge, nonché della fiducia nel rapporto tra datore di lavoro e lavoratore che in questo modo viene quanto più rafforzata.
Smart working, al quale non si accosterà di certo il famoso detto “occhio non vede, cuore non duole”, laddove se è vero che nel lavoro agile l’occhio del datore di lavoro non “vede” (la presenza fisica del lavoratore in azienda), è pur vero che vede il suo operato, con la conseguenza che il cuore del datore di lavoro “duolerà” nel caso di inattività lavorativa e produttiva da parte del lavoratore, al pari del lavoratore stesso per le sanzioni disciplinari irrogabili.