PER TUTTI I NUOVI DIRITTI E PER I DIRITTI DEI DISABILI


Ci sembra doveroso da parte della nostra rivista riportare un contributo scientifico per i soggetti diversamente abili. Da sempre lottiamo come legali per tutelare tali fasce deboli della popolazione e riteniamo che nel caso in esame dei concorsi pubblici, non solo debbano essere garantiti idonei supporti nell’espletamento delle prove, ma debbano essere previste quote riservate aggiuntive per categorie come quella suddetta.
Il nostro percorso giuridico è iniziato nell’anno 2007 assumendo la difesa di una ragazza cieca che aveva partecipato al test di accesso per la facoltà di medicina e chirurgia

, che nonostante avesse richiesto di poter usufruire degli opportuni supporti non ebbe nemmeno una copia del compito tradotto in formato brail; oggi Gaia è un medico grazie alle sentenze dei Tribunali nazionali sulla questione.
Nel corso degli anni abbiamo riscontrato diverse problematiche inerenti alle difficoltà di accesso alle prove concorsuali per i disabili; in particolare, quest’anno abbiamo denunciato quanto accaduto, durante le prove per l’accesso alle facoltà a numero chiuso, in tre diversi casi: il primo presso l’Ateneo di Roma la Sapienza, il secondo presso l’Università degli Studi di Perugia ed il terzo presso l’Università degli Studi di Palermo.
Iniziamo da quest’ultimo. Il ricorrente era affetto da dislessia ovvero da una difficoltà specifica dell’apprendimento e dunque doveva essere messo in condizioni idonee per svolgere la prova di esame attraverso l’utilizzo delle misure dispensative e compensative prescritte dalla L. 170/2010. L’Ateneo non mise a disposizione il tutor e sostituì tale fondamentale presenza con un mezzo obsoleto di sintesi vocale - composto da uno scanner, da un tastierino numerico, da cuffie e privo di un monitor – spesso usato per soggetti non vedenti o ipovedenti. Durante la prova il “gioiello” tecnologico si bloccava rendendo necessario il continuo riavvio del sistema, imponendo così allo studente un’ulteriore difficoltà imprevista.
Le problematiche verificatesi in sede di concorso pubblico per i disabili sono diverse: la mancanza di una doppia copia del questionario da risolvere, l’assenza dei mezzi di sintesi vocali, mancanza di calcolatrice e di tabelle periodiche, l’assenza di tempo aggiuntivo. Proprio sulla concessione di tale ultima misura aggiuntiva ovvero compensativa, abbiamo concentrato una parte delle azioni giuridiche che hanno portato al riconoscimento legislativo del tempo supplementare.
Si precisa come i tribunali abbiano statuito che non basta concedere al candidato un tempo aggiuntivo, dal momento che qualora il tempo venga concesso mentre gli altri candidati si apprestano a svolgere le ultime fasi del test o comunque in un locale particolarmente rumoroso, la misura aggiuntiva viene vanificata in quanto la presenza di elementi di disturbo incide direttamente sul risultato della prova del soggetto affetto da disturbo dell’apprendimento facendo aumentare le possibilità di errore anche nella trascrizione delle soluzioni.
Il TAR del Lazio, particolarmente sensibile a l’argomento, ha accolto le nostre doglianze così statuendo: “Rilevato che alla ricorrente, disabile rispetto agli altri concorrenti in quanto affetta da “Dislessia” non appaiono essere state offerte in sede di svolgimento delle prove a test, le condizioni e gli strumenti appropriati a tale suo particolare stato;
che pertanto appaiono sorrette da sufficienti elementi di buon esito le censure della stessa candidata con le quali lamenta di non essere stata messa in grado di concorrere, mediante strumenti appropriati al suo particolare stato, in condizioni di parità con gli altri candidati;
che per quanto sopra si ravvisano i presupposti per l’esaudimento della domanda cautelare della ricorrente che consentono la ammissione con riserva della stessa al Corso di laurea di cui trattasi.” (TAR Lazio ord. n. 462/2012).
Gli artt. 2, 3, 34 e 97 Cost. trovano fondamento e riscontro nella tutela dei diritti inviolabili dell’uomo in cui rientra sia il diritto allo studio, sia il principio di parità di trattamento di tutti i cittadini con particolare riferimento al problema di disabilità.
Ad ogni cittadino deve essere garantita la possibilità di esprimere le proprie potenzialità in condizioni di parità, evitando non solo le discriminazioni derivanti da questioni politiche e/o sociali, ma altresì quelle derivanti da condizioni personali quali ad esempio l’esistenza di un deficit nell’apprendimento. Compito del Legislatore è quello di rimuovere ogni tipo di ostacolo che possa impedire il realizzarsi della tutela dei diritti previsti nella Carta Costituzionale.
La legge n. 170 del 08.10.2010 si inscrive perfettamente nel quadro della tutela dei diritti inviolabili garantendo, promuovendo ed assicurando i servizi necessari per la tutela dei soggetti affetti da dislessia e il loro inserimento in condizioni di parità nell’ambito sociale.
In particolare la L. 170 del 2010 persegue le seguenti finalità:
a) garantire il diritto all’istruzione;
b) favorire il successo scolastico, anche attraverso misure didattiche di supporto, garantire una formazione adeguata e promuovere lo sviluppo delle potenzialità;
c) ridurre i disagi relazionali ed emozionali;
d) adottare forme di verifica e di valutazione adeguate alle necessità formative degli studenti;
e) preparare gli insegnanti e sensibilizzare i genitori nei confronti delle problematiche legate ai DSA;
f) favorire la diagnosi precoce e percorsi didattici riabilitativi;
g) incrementare la comunicazione e la collaborazione tra famiglia, scuola e servizi sanitari durante il percorso di istruzione e di formazione;
h) assicurare eguali opportunità di sviluppo delle capacità in ambito sociale e professionale.
L’art. 5 della L. 170 del 2010 stabilisce che “1. Gli studenti con diagnosi di DSA hanno diritto di fruire di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica nel corso di cicli di istruzione e formazione e negli studi universitari. 4. Agli studenti con DSA sono garantite, durante il percorso di istruzione e formazione scolastica e universitaria, adeguate forme di verifica e di valutazione, anche per quanto concerne gli esami di Stato e di ammissione all’Università nonché gli esami universitari”.
Il riferimento normativo, dunque, appare piuttosto chiaro, ovvero allo studente affetto da dislessia devono essere garantiti tutti i mezzi necessari tali da permettergli di concorrere in condizione di parità con gli altri partecipanti al concorso pubblico nel rispetto sia delle indicate previsioni costituzionali sia dei principi fondamentali del diritto amministrativo quali quelli di legalità, buona amministrazione e imparzialità, i quali richiedono che l’attività amministrativa sia svolta secondo le modalità più idonee ed opportune al fine della efficacia, speditezza ed economicità dell’azione amministrativa, con il minor sacrificio dei singoli a cui deve assicurarsi parità di trattamento nel rispetto delle norme dell’ordinamento.
Il principio di imparzialità esplicitamente sancito dagli articoli 3 e 97 Cost., afferma l’obbligo per la P.A. di svolgere la propria attività nel pieno rispetto della giustizia. Nella sua accezione tradizionale il principio assume una connotazione negativa, quale il divieto di discriminazioni tra i soggetti che con essa vengano a relazionarsi.
Diversamente da quanto previsto sia dalla normativa nazionale che dalla normativa di concorso, nei tre casi citati veniva negata agli studenti la possibilità di concorrere in parità di condizioni con gli altri candidati al corso di laurea, in quanto non solo non venivano predisposti gli strumenti compensativi e dispensativi necessari a compensare la debolezza funzionale derivante dal disturbo nonostante la sua documentazione medica ma, a causa di una grandissima confusione e un notevole rumore in aula all’avvio dei 30 minuti aggiuntivi assegnati, veniva impedito altresì di procedere al completamento della prova.
Per tutti questi motivi i nostri ricorrenti sono stati ammessi tra i vincitori dei concorsi.