Introdotte finalmente nell’ordinamento italiano fattispecie di reato rubricate dal codice penale sotto forma di delitto, la legge n. 68 del 2015 rappresenta la risposta sanzionatoria attesa da tempo per contrastare fenomeni criminali che vedono nell'ambiente e nell'inquinamento dell’ecosistema beni giuridici da tutelare. Il legislatore ha dunque introdotto nel codice penale due nuove figure delittuose (inquinamento ambientale e disastro ambientale), recependo quanto richiesto dalla Direttiva dell’Unione Europea 2008/99/CE del 19 novembre 2008 ed in particolare nel Preambolo all'art. 5 ove si legge che “attività che danneggiano l’ambiente, le quali generalmente provocano o possono provocare un deterioramento significativo della qualità dell’aria, compresa la stratosfera, del suolo, dell’acqua, della fauna e della flora, compresa la conservazione delle specie” esigono sanzioni penali a carattere più fortemente deterrente. La Direttiva al fine di garantire uno standard minimo comunitario in materia di tutela ambientale, indica dunque gli elementi di offensività dei reati di cui chiede l’introduzione nei sistemi nazionali. Pertanto il legislatore si è trovato a dover trovare una sorta di mediazione tra l’esigenza di delineare in modo preciso e puntuale la fattispecie di reato e dall’altra la necessità di non appesantire eccessivamente il codice penale di autonomi titoli di reato atteso che gli stessi non sarebbero in grado di contemplare tutte le possibili manifestazioni criminose con la conseguente ricaduta di una carente e lacunosa risposta legislativa.
Il dettato normativo introduce nel codice penale un nuovo titolo dedicato ai “Delitti contro l’ambiente” (Libro II, Titolo VI-bis, artt. 452-bis-452-terdecies), all'interno del quale sono previste le nuove fattispecie di:
- inquinamento ambientale;
- disastro ambientale;
- traffico ed abbandono di materiale radioattivo;
- impedimento di controllo
- omessa bonifica.
Cardine della norma sono i reati di Inquinamento ambientale e Disastro ambientale rappresentano puniti rispettivamente il primo con pene detentive che vanno da un minimo di 2 ad un massimo di 6 anni, il secondo con la reclusione da 5 a 15 anni. Come pena accessoria è prevista l'incapacità di contrattare con la P.A. per le fattispecie di: inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico ed abbandono di materiale radioattivo, impedimento di controllo e traffico illecito di rifiuti (quest’ultimo già previsto all'interno del Codice dell’Ambiente).
I termini prescrizionali prevedono un allungamento in relazione all'aggravarsi della fattispecie e viene introdotta la confisca obbligatoria, anche per equivalente, delle cose che costituiscono il prodotto, il profitto del reato o che servirono a commetterlo, anche per il delitto di traffico illecito di rifiuti. Tuttavia, tale misura risulta esclusa ove l’imputato abbia provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alla bonifica e al ripristino dello stato dei luoghi, nonché nel caso in cui detti beni appartengano a terzi estranei al reato. In materia di illeciti quali il disastro ambientale, in particolare l’attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti e per l’ipotesi aggravata di associazione per delinquere la nuova legge introduce anche la confisca quale misura di prevenzione dei valori ingiustificati o sproporzionati rispetto al proprio reddito. Inoltre, con la sentenza di condanna o di applicazione della pena, è previsto che il Giudice debba ordinare anche il recupero e, se tecnicamente possibile, il ripristino dello stato dei luoghi, ponendo i costi a carico del condannato e delle persone giuridiche obbligate al pagamento delle pene pecuniarie in caso di insolvibilità del primo.
Il legislatore è intervenuto anche in tema di ravvedimento operoso, originariamente previsto come causa di non punibilità, mentre oggi opera come circostanza di attenuazione della pena - dalla metà a due terzi, ovvero da un terzo alla metà - in favore di chi, rispettivamente, prima della dichiarazione di apertura di apertura del dibattimento di primo grado, eviti che l'attività illecita sia portata a conseguenze ulteriori, provveda alla messa in sicurezza, alla bonifica o al ripristino dello stato dei luoghi; ovvero collabori concretamente con l'Autorità di Polizia o Giudiziaria alla ricostruzione dei fatti e all'individuazione dei colpevoli.
La legge 68/2015 si articola in tre articoli. L'art. 1 contiene un insieme di disposizioni che inseriscono nel codice penale un titolo VI-bis (Dei delitti contro l'ambiente), composto da 12 articoli (dal 452-bis al 452-terdecies). Il titolo VI-bis prevede all’interno di tale nuovo titolo cinque nuovi delitti, inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento del controllo, omessa bonifica.
Il delitto di inquinamento ambientale tutelato dalla norma incriminatrice di parte speciale al comma primo del nuovo art. 452-bis cod. pen. punisce con la reclusione (da due a sei anni) e con la multa (da euro 10.000 a euro 100.000) chiunque abusivamente cagioni una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili: 1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sotto-suolo; 2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna. Il legislatore ha delineato la fattispecie normativa costruendola come delitto di evento e di danno, dove l'evento di danno è costituito dalla compromissione o dal deterioramento, significativi e misurabili, dei beni ambientali specificamente indicati. Il legislatore ha previsto, pertanto, un autonomo titolo di reato a forma libera (“chiunque… cagiona…”), ove il reato sotto l'aspetto materiale può consistere non solo in condotte che attengono al nucleo duro - acque, aria e rifiuti – della materia, ma anche mediante altre forme di inquinamento o di immissione di elementi come ad esempio sostanze chimiche, OGM, materiali radioattivi e, più in generale, in qualsiasi comportamento che provochi un'alterazione in senso peggiorativo dell’equilibrio ambientale. Inoltre affinché si verifichi il reato delineato dalla norma incriminatrice di parte speciale è necessario che una condotta attiva, consistente nella realizzazione di un fatto considerevolmente dannoso o pericoloso, o una condotta omissiva impropria, cioè con il mancato impedimento dell’evento da parte di chi, secondo la normativa ambientale, è tenuto al rispetto di specifici obblighi di prevenzione rispetto a quel determinato fatto inquinante dannoso o pericoloso, integrino gli estremi dell'inquinamento ambientale. L'articolo 5 del Codice dell’Ambiente (D. Lgs. 152/2006) definisce l'inquinamento ambientale come "l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore o più in generale di agenti fisici o chimici, nell'aria, nell'acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell'ambiente, causare il deterioramento dei beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell'ambiente o ad altri suoi legittimi usi".