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Il D.B.A., Drafting Business Approach: la contrattualizzazione dei rapporti di business con l’estero

by Marco Minossi Consulente e Docente di Marketing e Commercio Internazionale on16 Ottobre 2016

Il significato generale del termine "Drafting" lo avvicina senza particolari problemi all’accezione giuridico-aziendale 

sulla quale poggia la presente analisi: “ Stesura di un documento “. Nella realtà italiana d’impresa, e specialmente nella costellazione economica delle PMI, l’approccio culturale, metodologico e applicativo alla contrattualistica internazionale soffre di un duplice vizio di fondo.

Da un lato, si constata una scarsa propensione a “contrattualizzare” le operazioni ed i rapporti di business con l’ estero ( compravendita, agenzia e distribuzione commerciale in primis ), a causa di una forte pigrizia comportamentale mascherata molto spesso da “ primato della fiducia verbale “ verso le controparti estere rispetto alle pattuizioni scritte. Ne consegue un quadro di rapporti d’affari prevalentemente informale, quindi spesso precario. Di norma, solo le tipologie della cessione di tecnologia e della Joint Venture, peraltro raramente realizzate dalle piccole imprese, risultano supportate da accordi scritti, per uno strano sentiment imprenditoriale secondo cui solo a certi livelli i contratti si rendono indispensabili.

Dall’ altro, la mentalità italiana tende in misura molto marcata a considerare il ricorso all’ accordo scritto strutturato e articolato come uno strumento tipicamente di difesa, da utilizzare ed opporre alla controparte e all’ eventuale giudice o arbitro in caso di contenzioso, piuttosto che come uno strumento-guida di cui avvalersi durante tutta la durata della relazione di affari, affichè quest’ ultima possa evolvere da semplice “ transaction “ ad una molto più importante e profittevole “  long-term business relationship “.

Ciò premesso, la tesi che questo articolo sostiene è che – nonostante quasi tutti gli ordinamenti giuridici ammettano il contratto concluso verbalmente -  il ricorso ai contratti scritti nelle operazioni di commercio internazionale dovrebbe essere il più possibile perseguito dalle imprese; e che, una volta che tale metodologia venga realmente attuata, lo strumento contrattuale deve essere predisposto e utilizzato non solo e non tanto quale piattaforma di difesa, ma soprattutto come leva di competitività e di crescita per il business. (1)

Non intendiamo pertanto in questa sede soffermarci sulla portata puramente difensiva dello strumento contrattuale, quella che fa perno su questioni fondamentali quali la lingua del contratto, la legge applicabile, il foro competente e molte altre ( sulle quali è disponibile una vastissima letteratura sia cartacea che su Internet ). La nostra riflessione è sulla sua portata di metodo e di “piano di lavoro” al servizio del business.

L’ insegnamento fondamentale sull’ importanza del D.B.A., questa forma di  “ Contract-backed business “ ( il rapporto commerciale supportato dal contratto scritto ), ci proviene sia storicamente che ancora attualmente dai sistemi giuridici di Common Law ( Regno Unito e poi USA, Canada, Australia, India e molte altre nazioni di influenza anglosassone quali ad esempio Singapore ). Le parti contraenti, secondo tale impostazione, devono tutelare la credibilità ( reliability ), la durata ( durability ) ed il rispetto ( fulfilment ) dei propri rapporti commerciali predisponendo idonei agreements che siano “ self-regulatory”, cioè nei quali la libera volontà e determinazione delle parti preveda per quanto più possibile le differenti fattispecie e le situazioni in cui gli attori economici contraenti potranno venirsi a trovare, e le giuste modalità con cui disciplinare i relativi diritti, obblighi e responsabilità.(2)

Solo apparentemente, invece, i  sistemi giuridici di Civil Law ( quelli di tradizione romanico-napoleonica quali Italia, Francia, Germania, Spagna, America Latina e molti altri ) ci forniscono indicazioni più deboli sull’ importanza dei contratti, rimandando alle norme codificate la regolamentazione di quanto non previsto per iscritto, in tutto o in parte, dai contraenti ( i cosiddetti “ gap normativi “ ). In realtà, a ben vedere, anche la contrattualistica internazionale nasce da un assunto-cardine del Diritto Romano che racchiude in pochissime parole un oceano di insegnamenti e di interpretazioni: “ Pacta Sunt Servanda ”. E’ questo il principio da recuperare per rendere , anche nei sistemi giuridici neo-latini, la contrattualistica all’altezza ed al servizio del business. Principio che significa allo stesso tempo:

-          Che i contratti privati devono essere perpetuati per quanto più possibile nel tempo, incorporando essi una implicita volontà delle parti di dare vita a relazioni di lungo periodo e non occasionali (3);

-          Che devono essere rispettati a pena di risarcimento dei danni causati da inadempimento;

-          Che devono essere accuratamente conservati nella loro fisicità documentale;

-          Che devono essere mantenuti in funzione dell’ equilibrio economico in cui le parti si trovavano al momento della sottoscrizione, prevedendo a tale scopo contromisure al variare delle condizioni ambientali durante l’ esecuzione, casi quali la “ forza maggiore “ ( Force Majeure o Acts of God, eventi imprevedibili che oggettivamente non consentono l’ adempimento di uno dei contraenti ), o quali la “ eccessiva onerosità sopravvenuta “.  A tale proposito, nella contrattualistica internazionale le cosiddette “ hardship clauses “ (4) regolamentano quei fatti che rendono l’ adempimento non proprio impossibile, ma troppo oneroso rispetto alle condizioni di partenza, come ad esempio un repentino fluttuare dei costi delle materie prime o dei tassi di cambio valutari ;

-          Come invito anche al Legislatore pubblico, questo principio “ Pacta sunt servanda “ ci indica che devono variare il meno possibile le condizioni normative generali ( ad esempio, se un dazio doganale su una certa classe di merci viene troppo aumentato da un Governo, l ‘importatore di quel paese e di conseguenza il venditore  straniero si ritroveranno troppo penalizzati nel loro “ distributorship agreement “ ) (5).

E soprattutto, oltre alle implicazioni sopra elencate, “ Pacta sunt servanda “ presuppone che per essere rispettati, conservati, mantenuti nel tempo  e preservati nel loro equilibrio, i contratti devono anzitutto essere fatti ( implicando in tal modo il nostro “drafting”). Troppo superficiale appare quindi il luogo comune secondo cui paesi di tradizione giuridica latina siano  per retaggio culturale poco propensi a contrattualizzare i rapporti di business, ed in ciò quasi giustificati.

Una recentissima indagine della filiale italiana di una primaria società internazionale specializzata nella tutela del credito e nella stesura di contratti commerciali ha rilevato un forte bisogno di assistenza alla redazione dei contratti stessi avvertita da PMI e da liberi professionisti. ( Il medesimo studio di mercato ha peraltro anche accertato che il 70 delle piccole e medie imprese ha problemi di fatture insolute, aspetto strettamente collegato, in quanto una preventiva definizione contrattuale sarebbe di forte aiuto nel ridurre il verificarsi di tale criticità ). (6)

Questo dato attesta che spesso, anche da parte dei consulenti specialisti in contrattualistica, viene offerto alle imprese un approccio molto focalizzato sulla tutela difensiva e sugli schemi giuridici di difficile comprensione, e non sull’ attenzione al rapporto di business nel suo complesso e nelle sue prospettive di mantenimento, di sviluppo e di competitività.

La riprova che un rapporto d’ affari professionalmente condotto, anche una semplice compravendita, non può prescindere dalla fattispecie contrattuale scritta, ci viene data nella nostra esperienza aziendale dal comportamento degli operatori professionali esteri. Notiamo come clienti, agenti, concessionari di vendita di altri paesi siano molto solerti nel subordinare la conferma di ordini di acquisto, i relativi pagamenti, la ricerca di clientela e la messa in moto di azioni promozionali e commerciali al preventivo adempimento degli obblighi formali da parte del venditore italiano, cioè alla firma di un accordo dettagliatamente scritto, a garanzia della serietà del rapporto. In particolare, le imprese di Francia e Russia risultano particolarmente sensibili alla priorità del requisito contrattuale.

Questa “ mossa “, che spesso spiazza e disorienta l’ azienda italiana, presenta per la controparte estera il vantaggio del cosiddetto “ first form shot “ , cioè di giocare d’ anticipo nel sottoporre per primi la bozza di un accordo contrattuale, costringendo di fatto la controparte, ad esempio il venditore desideroso di concludere, ad uniformarsi il più possibile ad essa.

Il  salto di qualità che ci sentiamo di consigliare alle nostre piccole imprese è quindi di prevenire a monte una situazione di questo tipo, cercando esse stesse di proporre al partner estero, prima ancora di una vendita, un impianto contrattuale per regolamentare la relazione d’ affari e dare ad essa una durata certa.

A tale scopo, possiamo prendere esempio sempre dall’ estero, dove si è soliti includere una serie di operazioni di compravendita ( transactions ) in un unico contratto generale di lunga durata che, ad esempio in Olanda, abbiamo visto anche chiamare “ Umbrella Agreement “, nome curioso ma molto efficace.

 Oltre al vantaggio pratico di regolamentare in modo preventivo e condiviso tutte o molte delle vicissitudini in cui potrà trovarsi il business, l’ impresa italiana troverà certamente un beneficio anche di immagine nel proporre al partner acquirente o distributivo un accordo per dimostrare attenzione alla serietà del rapporto, e interesse a rendere il medesimo duraturo nel tempo. ( L’ utilità di poter preventivamente studiare e preparare le condizioni più favorevoli per sé non andrebbe neanche menzionata tanto è evidente ). (7)

Nel caso di un agente commerciale o di un concessionario di vendita ( importatore e/o distributore ), il documento contrattuale avrà anche la funzione strategica di “ barriera “ rispetto all’ aggressione dei concorrenti sull’ intermediario distributivo, mediante ad esempio la clausola conosciuta come “ patto di non concorrenza “.

Nel caso di un cliente, l’esperienza pratica ci continua a dimostrare che ciascuna categoria di compratori dei prodotti dell’ azienda evolve ad uno stadio superiore di “ loyalty “ ( fidelizzazione ) quando il meccanismo contrattuale contribuisce a rafforzare il proprio senso di appartenenza, dopo che esso era stato creato e consolidato da efficaci politiche di marketing, di customer-care e di brand-equity ( fedeltà alla Marca).

Tale evoluzione può essere schematizzata per comodità nella forma seguente:

Tipologia di Cliente:

Grazie a idoneo rapporto contrattuale evolve in:

Cliente Potenziale ( Prospect )                       →

Cliente Attivo ( Client )

Cliente Attivo Occasionale ( Client )              →

Cliente Attivo Fidelizzato ( Customer )

Cliente Attivo Fidelizzato ( Customer )           →

Cliente Partner ( Partner Customer )

 

Ma il vantaggio competitivo dato da una regolare e sistematica impostazione contrattuale su tutte le posizioni di business con l’ estero non ricade solo sulla sfera aziendale del marketing.

A livello di corretta predisposizione del Budget commerciale estero, risulterà molto più realistica ed obiettiva una previsione di vendite basata sui quantitativi o fatturati minimi che clienti, agenti e distributori esteri si sono impegnati a realizzare nell’ arco dell’esercizio per impegno contrattuale scritto ( a pena ad esempio della perdita del diritto di esclusiva ), piuttosto che mediante una semplice, per quanto in buona fede, preventivazione verbale a inizio anno da parte degli stessi, pericolosamente recepita dall’ Export Manager. (8)

Disporre dei contratti rappresentativi di tali impegni minimi di acquisto da parte dei partner esteri è anche un supporto molto utile ai piani industriali che molte aziende, soprattutto nel contesto attuale di difficile accesso al credito, si trovano a presentare alle banche per il mantenimento o l’ ampliamento degli affidamenti in essere. Piani che risultano molto più professionali e credibili - nella sezione “ Sviluppo mercati esteri “ - quando i numeri che esprimono possono avere un riscontro in documenti contrattuali sottoscritti dalla clientela e dalla rete distributiva, e non essere semplice risultato di un ottimismo aziendale non avvalorato da impegni concreti.

Per concludere, la contrattualizzazione dei rapporti di business è a nostro avviso un’ attività imprescindibile in una corretta gestione aziendale: nei rapporti con controparti estere ogni aspetto va attentamente valutato da professionisti esperti per evitare, soprattutto in un momento di complessità ( se non di crisi) come quello attuale, spiacevoli sorprese, o risultati modesti e non in linea con le aspettative, dopo aver impegnato preziose risorse per promuovere e capitalizzare il proprio lavoro.

La “ best practice “ del D.B.A dimostrerà oltretutto che i confini tra la contrattualistica internazionale ed un export management di alto profilo sono molto più compenetrati di quanto troppo spesso si ritiene.

Note:

(1)    Molto chiaro e autorevole in tal senso il concetto espresso dalla CCI, Camera di Commercio internazionale, nella prefazione ad uno dei suoi corsi in materia: “Conoscere le tecniche di negoziazione, redazione e stipulazione dei contratti è fondamentale per tutelare l’impresa nelle transazioni commerciali internazionali e per condurre positivamente le trattative con le controparti straniere”.  

(2)     “ Il testo contrattuale non è un “decalogo” scritto a futura memoria, da utilizzare solo in caso di lite con l’altra parte. L’approccio non-contenzioso alla redazione del contratto prevede che il testo nasca dalla discussione e dall’interazione tra le parti che si dovrebbero prima chiarire reciprocamente i presupposti commerciali, tecnici, economici in base ai quali si inizia la relazione “.Avv.Diego Comba e Avv. Monica Rosano, in “ L’approccio non contenzioso alla redazione del contratto internazionale “, Lombardiapoint, 2011.

(3)    La presunzione di stabilità e di lunga durata di un rapporto di business contrattualmente codificato è il requisito più importante tra quelli qui enunciati, fornendo esso garanzia di benefici strutturali o, quantomeno, pluriennali.

(4)    Per una efficace definizione del concetto di “Hardiship clauses” si suggerisce quella di Assoneweb – Associazione nazionale Enciclopedia della Banca e della Borsa (www.bankpedia.org), di cui si evidenzia il passaggio seguente: “La Camera di Commercio Internazionale ha elaborato uno schema di clausola di hardship che comprende una parte comune e delle varianti. La parte comune stabilisce la situazione di hardship, cioè gli eventi non previsti dalle parti che potrebbero comportare notevoli modificazioni all’equilibrio del contratto. La parte colpita da hardship può esigere dall’altra una revisione del contratto (entro un termine ragionevole) e, in mancanza di un accordo amichevole, la clausola propone quattro alternative per la scelta di una modalità adatta al caso specifico: si va dal mantenimento del testo originario con il semplice impegno delle parti a consultarsi per la revisione del contratto, al ricorso a un terzo incaricato di proporre una soluzione, con vario grado di autorevolezza nei confronti delle parti stesse “.

(5)    Un esempio particolarmente significativo, in quanto recentissimo, di alterazione di fonte governativa a discapito di accordi contrattuali aziendali è dato dalle misure – di asserita ratio “antidumping” - della UE contro le importazioni di laminati a freddo da Cina e Russia, mediante nuovi dazi, validi per 5 anni e retroattivi sulle operazioni commerciali degli ultimi due mesi ( Gazzetta Ufficiale Comunitaria, L.210/1 del 4 agosto 2016, in “ Dazi sui laminati da Cina e Russia, Il Sole 24 Ore 5 agosto 2016, aut. Laura Cavestri ). Emblematica appare l’evidenziazione della reazione della Russia: “ Mosca minaccia di rivolgersi al WTO – Le procedure di indagine sono state inadeguate, violando i diritti degli esportatori russi “.

(6)    Indagine di DAS Italia Spa, in www.impresamia.com del 2.9.2016

(7)    E’ importante sottolineare che un contratto-quadro di questo genere deve avere come premessa esplicita il proprio prevalere sulle condizioni generali di contratto ( CGC, di acquisto GPC, e di vendita GSC) che le rispettive controparti si trovano spesso ad avere pubblicate nei propri siti Internet. In caso contrario, la confusione sulla relazione d’affari aumenterebbe poiché le CGC, prevalendo in ogni sul singolo contratto in quanto “conoscibili”, entrerebbero in conflitto tra loro ( es. General Purchase Conditions vs/ General Sales Conditions ), costituendo il caso più classico della c.d. “ Battle of forms “ (la “battaglia dei formulari”).

(8)    Nelle nostre esperienze aziendali, abbiamo riscontrato spesso il verificarsi di perdite di opportunità causate dal non poter dare seguito a manifestazioni di interesse alla distribuzione da parte di operatori esteri interessanti e appetibili, in quanto l’azienda italiana si troverebbe a violare un impegno di fatto o contrattuale verso una controparte che spesso risulta in carenza di realizzazione degli obiettivi di business prefissati.

Ultima modifica il 16 Ottobre 2016