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NUOVA VITTORIA DELL'ANPRI: ANCHE IL TAR NAPOLI ORDINA LA MODIFICA DELLO STATUTO DELLA STAZIONE ZOOLOGICA “ANTON DOHRN”

Con il ricorso spiegato davanti l’On.le TAR della Campania, sede di Napoli, l’associazione ANPRI (Associazione nazionale professionale per la ricerca), unitamente ad alcuni ricercatori dipendenti dell’Ente Pubblico di Ricerca Stazione Zoologica “Anton Dohrn”, assistiti dallo studio legale Avv.ti Michele Bonetti e Santi Delia, chiedevano l’annullamento parziale dello Statuto della stessa SZN pubblicato in data 20 ottobre 2017.

Tramite il neonato Statuto, approvato per dare esecuzione al decreto legislativo n. 218/2016 di riordino della normativa vigente in tema di Enti pubblici di ricerca, difatti, la SZN negava il diritto dei ricercatori e tecnologi interni ad avere un proprio rappresentante di natura elettiva all’interno del Consiglio di Amministrazione nonché all’interno del Consiglio scientifico, diritto espressamente sancito dall’art. 2 del citato decreto 218.

Stanti le palesi illegittimità scaturenti da siffatto atto, nonché il considerevole impatto delle attività svolte dall’Ente sul territorio nazionale nell’ambito della ricerca, si procedeva ad adire il TAR di Napoli per veder finalmente riconosciuto il giusto diritto dei dipendenti dell’Ente ad incidere, seppur indirettamente, sulle politiche e sulle decisioni organizzative della Stazione Zoologica di Napoli.

Il Tribunale amministrativo ha emesso, in data 20.12.2018, un provvedimento ampiamente motivato nel quale non solo ha evidenziato la titolarità di posizione legittimante da parte dell’ANPRI, “quale associazione avente lo scopo di riunire e rappresentare tutti coloro che svolgono attività di ricerca scientifica e tecnologica (…) che la rende portatore di un interesse differenziato e qualificato alla tutela delle posizioni dei soggetti rappresentati”, ma ha altresì posto efficacemente in luce l’orientamento dell’U.E. che, partendo dalla valorizzazione della Carta Europea dei ricercatori deliberata con la raccomandazione della Commissione europea n. 2005/251/CE, deve leggersi nel senso di incentivare “una disciplina favorevole alla maggiore rappresentatività dei ricercatori” al fine di “non mortificare una professionalità che, per affrancarsi in maniera soddisfacente dalle influenze governative dei singoli paesi, trainando così gli Enti verso l’effettivo raggiungimento delle finalità istituzionali e del libero mercato europeo, coinvolga la ricerca in senso stretto”.

Si evince, quindi, una visione del TAR multilivello e coraggiosamente garantista nella misura in cui si attesta con fermezza la prevalenza della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (il cui art. 13 tutela la libertà di ricerca) sulle norme interne di rango primario, e si evidenzia il contrasto tra lo Statuto dell’Ente di ricerca e l’art. 33 della Costituzione, quale disposizione volta a garantire la libertà dell’arte e della scienza e dei loro rispettivi insegnamenti, in quanto strumentali alla crescita culturale e al progresso dell’umanità.

In conclusione pertanto, il giudice amministrativo ha evidenziato come la mancanza di rappresentatività dei ricercatori si ponga in "contrasto con la normativa primaria e comporta di conseguenza l’annullamento dell’art. 8 e dell’art. 12 dello statuto della SZN, nella parte in cui non prevedono la “rappresentanza elettiva” di ricercatori e tecnologi interni all’ente e in particolare la possibilità di “eleggere almeno un membro del consiglio di amministrazione” e dell’art. 9 dello Statuto, laddove esclude la possibilità di eleggere almeno un membro del consiglio scientifico, tra ricercatori e tecnologi interni all’Ente”.

Tale pronuncia, peraltro, fa seguito ad una precedente sentenza dell’On.le TAR del Lazio mediante cui veniva annullato, per le medesime motivazioni, parte dello Statuto dell’ENEA che escludeva i ricercatori e tecnologi interni dagli organi di governo dell’Ente.

Quello odierno si configura come un ulteriore ed importante risultato nella battaglia patrocinata dall’ANPRI, volta alla concreta tutela dei diritti dei ricercatori italiani e al raggiungimento del graduale autogoverno degli enti pubblici di ricerca.