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Elezioni dei componenti dei Consigli Distrettuali e procedimento disciplinare: il CNF si riforma. Spunti e riflessioni

by Avv. Fabio Rispoli on05 Maggio 2014

Il CNF ha formulato in data 31 gennaio 2014 il Regolamento n. 1 con il Titolo “Elezione dei componenti dei Consigli Distrettuali di Disciplina” (ai sensi dell'art. 50, comma 2 della Legge 31 dicembre 2012, n.247) che consta di 16 articoli ed è entrato in vigore il 14 aprile scorso.

Il 1.01.2015 entrerà poi in vigore il Regolamento 21 febbraio 2014, n. 2 denominato “Procedimento disciplinare” (ai sensi dell’art. 50, co. 5, legge 31 dicembre 2012, n. 247).

Occorre immediatamente evidenziare come la nuova disciplina ha portato e porterà modificazioni significative nell’organizzazione della vita forense. I due Regolamenti risultano essere complementari l'uno all'altro ma sin da una prima lettura si ravvisano delle disfunzioni processuali che potrebbero pregiudicarne sia la struttura che la stessa impostazione ispirata al principio del giusto processo disciplinare.

Le più evidenti problematiche possono essere così brevemente riassunte.

La prima questione affrontata dai due Regolamenti del CNF riguarda la costituzione del nuovo organo, quello del Consiglio distrettuale di Disciplina. Esso, ai sensi del Regolamento n. 1 coordinato con l'Art. 1 del Regolamento n. 2, è eletto dai Consiglieri dei Consigli dell'Ordine del Distretto. L'art. 14 del Regolamento n. 1, intitolato “Prima elezione dei Consigli Distrettuali di Disciplina”, al riguardo prevede che: "1. Al fine di provvedere all’elezione dei componenti dei Consigli distrettuali di disciplina che si insedieranno il 1° gennaio 2015, il Presidente del Consiglio dell’Ordine distrettuale in carica, sentiti i Presidenti dei Consigli dell’Ordine circondariali del distretto e ricevuta la comunicazione di cui al comma 2 dell’art. 5, fissa entro il 30 giugno 2014 il giorno e l’orario di inizio delle operazioni elettorali che, ferma restando la contestualità di svolgimento in tutto il distretto ai sensi dell’art. 9, comma 1 del presente regolamento, non potranno essere comunque successive alla data del 30 settembre 2014”.

A questo punto è bene richiamare la normativa della Riforma Forense, entrata in vigore con la Legge n. 247 del 31.12.2012, ed in particolare il Titolo III disciplinante gli Organi degli Ordini Forensi, dove all’art. 24 viene disposto che: “1. Gli iscritti negli albi degli avvocati costituiscono l'ordine forense. 2. L'ordine forense si articola negli ordini circondariali e nel CNF. 3. Il CNF e gli ordini circondariali sono enti pubblici non economici a carattere associativo istituiti per garantire il rispetto dei princìpi previsti dalla presente legge e delle regole deontologiche, nonché con finalità di tutela della utenza e degli interessi pubblici connessi all'esercizio della professione e al corretto svolgimento della funzione giurisdizionale. Essi sono dotati di autonomia patrimoniale e finanziaria, sono finanziati esclusivamente con i contributi degli iscritti, determinano la propria organizzazione con appositi regolamenti, nel rispetto delle disposizioni di legge, e sono soggetti esclusivamente alla vigilanza del Ministro della giustizia".

Dal descritto quadro normativo si evince quindi che, a tutt'oggi, non esiste l'Organo del Presidente del Consiglio dell’Ordine Distrettuale "in carica" richiamato dal Regolamento n.1, per cui la prima elezione del nuovo Organo non potrebbe avvenire se non dopo l’istituzione di questo nuovo organo.

Secondo aspetto di non poco conto riguarda l’individuazione dell’elettorato attivo e passivo. Sul punto l'art. 4 prevede che: "1. Il Consiglio distrettuale di disciplina è eletto dai Consiglieri dei Consigli dell’Ordine del distretto, convocati nei distinti seggi elettorali istituiti presso i singoli Consigli dell’Ordine circondariali....Omissis ...4. L’elettorato passivo nelle elezioni presso i singoli Consigli dell’Ordine è attribuito esclusivamente agli avvocati iscritti all’albo tenuto dallo stesso Consiglio dell’Ordine che, entro le ore 14 del quindicesimo giorno non festivo antecedente alla data fissata per le elezioni, abbiano presentato la loro candidatura a mezzo dichiarazione scritta depositata presso il Consiglio dell’Ordine di appartenenza. Non è consentita la candidatura presso un Ordine diverso. La segreteria appone sulla dichiarazione la data e l’ora di ricevimento".

Secondo la norma appena richiamata si dovrebbero avere come candidati al Consiglio distrettuale di disciplina gli avvocati appartenenti all'Ordine di riferimento e come elettori i Consiglieri dello stesso Ordine degli Avvocati. Questa scelta appare alquanto originale ed in contrasto con il principio volto a garantire la tutela della rappresentanza di tutti gli appartenenti agli Ordini forensi, in quanto si restringe a pochi membri l’individuazione di persone che, dato il rilievo della carica da assumere e le funzioni da svolgere, dovrebbero essere legittimati da un maggior consenso tra i colleghi. Inoltre, sarebbe stato opportuno prevedere due separate “liste di genere” con l'obbligo di voto per l'una e per l'altra al fine di garantire anche in osservanza dell’art. 12 del menzionato Regolamento un’equa rappresentanza di entrambi i generi, la cui violazione, occorre ricordarlo, è sanzionata dal medesimo articolo con l’invalidità delle elezioni dei componenti del Consiglio.

Passando, poi, all'esame del Regolamento n. 2, possiamo notare anche qui dei passaggi poco chiari.  Viene innanzitutto in rilievo l’art. 2, che, disciplinando il funzionamento del Consiglio distrettuale di disciplina, dispone che "1. Il Consiglio distrettuale di disciplina agisce in piena indipendenza di giudizio e autonomia organizzativa ed operativa, nel rispetto delle vigenti disposizioni di legge e del presente regolamento....omissis...Le sezioni composte da 5 membri titolari e 3 supplenti vengono formate dal Presidente del Consiglio distrettuale di disciplina o dal Vice Presidente, attingendo all’elenco in ordine alfabetico, formato con tutti i componenti del Consiglio distrettuale di disciplina secondo il criterio della successione alfabetica, con l’esclusione dei componenti iscritti al medesimo ordine dell’incolpato. I primi 5 nominativi assumono il ruolo di membri titolari ed i successivi tre quello di membri supplenti all’interno della sezione. I componenti del Consiglio distrettuale di disciplina possono ricoprire il ruolo di membri titolari e di membri supplenti contemporaneamente all’interno di più sezioni. La sezione delibera con la partecipazione necessaria di 5 membri. In caso di parità di voto, e nella sola ipotesi di cui agli art. 16 e 18, del presente regolamento si applica la soluzione più favorevole all’incolpato....".

Leggendo la norma sorge in primo luogo il dubbio su quali possano essere quelle fattispecie previste dal comma 2 per cui il Consiglio si trovi a “votare in parità” non essendo previsto né il diritto di astensione né l’ipotesi di poter votare con un numero inferiore a cinque membri.

La seconda questione verte sulle fattispecie previste dagli artt. 16 e 18 e rispetto alle quali, come già evidenziato, l’art. 2 prevede che in caso di parità di voti debba essere adottata da parte del Consiglio distrettuale “la soluzione più favorevole all’incolpato”.

Soffermandoci sull’art. 16 possiamo notare che il suo testo normativo prescrive che: “1. Conclusa la fase istruttoria preliminare, il Consigliere istruttore propone alla sezione richiesta motivata di archiviazione o di approvazione del capo di incolpazione, depositando il fascicolo in segreteria. 2. La sezione delibera l’archiviazione ovvero l’approvazione del capo di incolpazione senza la presenza del Consigliere Istruttore che viene sostituito dal primo dei membri supplenti in ordine alfabetico”.

Dalla lettura di tali disposizioni si evince la paradossale conseguenza per cui l’Organo disciplinare anche in assenza di un contraddittorio e senza dover motivare il provvedimento, può applicare la soluzione più favorevole all'incolpato persino nell’ipotesi di richiesta di approvazione del capo di incolpazione da parte del Consigliere Istruttore.

Altra "nota stonata" prevista dal Regolamento n. 2 agli artt. 17 e 31 è la previsione della figura del Pubblico Ministero all’interno del procedimento disciplinare. Che il procedimento venga improntato sulla falsa riga del procedimento penale può essere apprezzato, ma che si introduca in un procedimento interno all'Organismo Forense anche la figura del Pubblico Ministero può comportare una serie di problematiche di difficile risoluzione. Su tutte val la pena evidenziare l’astratta possibilità che un medesimo p.m. si trovi ad esercitare contemporaneamente le funzioni dell’accusa sia nel procedimento disciplinare ai sensi dell’art. 24 del richiamato regolamento che in quello giurisdizionale dinanzi al Tribunale penale laddove emergessero dei profili di responsabilità penale.

Tra le varie "storture" idonee ad incidere sensibilmente sul principio del giusto processo disciplinare non si può infine non rilevare la previsione per cui la stessa sezione che decide di rinviare a giudizio disciplinare l'incolpato, dopo aver condotto l'istruttoria, giudica quest'ultimo. Forse sarebbe stato utile a tutela della terzietà del collegio giudicante lasciare al Consigliere Istruttore l'istruzione della pratica e la fase dibattimentale alla Sezione competente.

In ultima analisi occorre poi evidenziare come l'art. 33 non preveda il diritto di impugnazione delle decisioni disciplinari a favore del soggetto denunciante che ha dato impulso al procedimento nei confronti dell’Avvocato incolpato.

Le problematiche sin qui brevemente affrontate sono in grado di evidenziare i limiti dell’impostazione normativa adottata con l’emanazione dei primi due Regolamenti del 2014 da parte del CNF. Essi, anche alla luce delle considerazioni sin qui svolte, appaiono effettivamente lontani dal rappresentare un effettivo raggiungimento di quegli scopi che sulla carta l’Avvocatura aveva dichiarato di voler perseguire, primo fra tutti il rispetto del giusto processo disciplinare.

Ultima modifica il 06 Maggio 2014