Pubblicato in Istruzione

I PRECARI DELLA SCUOLA E L’INCESSANTE LOTTA PER LA STABILIZZAZIONE: ARRIVA IL DECRETO MADIA

by Dott. Andrea Mineo on03 Marzo 2017

Appena presentato il testo sulla riforma del pubblico impiego, il Governo approva il decreto “Madia”.

Dopo anni di lotte giudiziarie, pronunce della C.E.D.U., statuizioni delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione e sentenze della Corte Costituzionale sull’illegittimità della normativa italiana in ambito scolastico, ancora una volta il Governo italiano tenta di rimediare agli errori commessi in passato.

Ad oggi, possediamo solo il testo della riforma sul pubblico impiego presentato ai sindacati e non la versione ufficiale varata dal Governo; per tale ragione, in questa sede ci limiteremo ad offrire una sintetica trattazione in tema di riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni in riferimento al precariato nelle scuole.

Va detto, anzitutto, che l’art. 20 del decreto “Madia” sul superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni si pone come obiettivo quello di superare il ricorso alla contrattazione a tempo determinato e favorire le assunzioni a tempo indeterminato di determinate categorie di personale, tra cui docenti in servizio con contratti a tempo determinato presso l’amministrazione che procede all’assunzione, docenti già selezionati dalla medesima amministrazione con procedure concorsuali, docenti che hanno maturato, negli ultimi otto anni, almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, alle dipendenze dell’amministrazione che procede all’assunzione. L'obiettivo sembra quello di superare in via definitiva il precariato “storico” nella P.a., costituito da circa 130.000 lavoratori.

Il Ministro Madia ha inoltre dichiarato che “in questi anni non si sono fatti concorsi per esigenze legittime dovute alla fase economica ma questo ha determinato che molto spesso nelle Pa si sono trovate persone che, su funzioni ordinarie, hanno avuto contratti reiterati di anno in anno e alla fine sono finite per trovarsi in situazioni di precariato strutturale”.

Risulta allora chiaro come, dopo anni, il Governo si sia reso finalmente conto che il problema dei precari “storici” della scuola è diventato insormontabile.

Ciò che emerge, quindi, è il fatto che lo stesso Governo pone come principale requisito per la stabilizzazione dei precari quello di possedere, negli ultimi otto anni, almeno tre anni di servizio anche non continuativi. 

Quanto appena esposto, tuttavia, è in piena contraddizione con ciò che fino ad oggi il M.I.U.R. ha sostenuto e ribadito in sede processuale. Difatti, nonostante le sentenze della C.E.D.U, le pronunce della Corte Costituzionale e dei Giudici di Merito, ha sempre affermato che chi non supera i 36 mesi continuativi con supplenze di diritto (quindi fino al 31 agosto) nell’ultimo quinquennio non ha diritto alla stabilizzazione.

Per capire, però, come si è arrivati alle legge 107 del 2015 sulla riforma della scuola ed al decreto “Madia”, è necessario partire dall’analisi delle prime pronunce della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che per la prima volta ha riconosciuto l’illegittimità perpetrata dalle amministrazioni italiane nello stipulare plurimi contratti a tempo determinato.

La C.G.E. ha affermato che coloro i quali hanno subito da parte della P.A. la reiterazione di contratti a termine per un arco temporale superiore ai 36 mesi possono ambire ad una richiesta sanzionatoria nei confronti dell’Amministrazione. Tale richiesta può articolarsi nella previsione di un risarcimento del danno o nella conversione dei contratti a termine in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. 

A seguito di quanto affermato dalla C.G.E. i Giudici di merito si pronunciavano creando una giurisprudenza discordante.

Successivamente  le Sezioni Unite della Corte di Cassazione a Marzo 2016 hanno dato un indirizzo giurisprudenziale chiaro ed univoco stabilendo che “nel regime del lavoro pubblico contrattualizzato in caso di abuso del ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato da parte di una pubblica amministrazione il dipendente, che abbia subito la illegittima precarizzazione del rapporto di impiego, ha diritto, fermo restando il divieto di trasformazione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato al risarcimento del danno”.

Tale statuizione sembra non tener conto dei principi sanciti dalla Corte di Giustizia Europea con la celeberrima sentenza “Mascolo”.

Nelle more la questione era stata rimessa alla Corte Costituzionale che con sentenza n. 187/2016 a luglio dichiarava l'illegittimità costituzionale, dell'art. 4, commi 1 e 11, della L. 3 maggio 1999, n. 124 nella parte in cui autorizza, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino.

Inoltre, la Corte Costituzionale ha ritenuto che l’impianto contenuto nella recente legge 107/2015 sulla Buona Scuola sia sufficiente a sanare, mediante risarcimento in forma specifica, la posizione dei docenti precari, che avrebbero così delle serie chanches di stabilizzazione del rapporto, in ragione del piano straordinario di assunzioni previsto dalla legge sopra citata.

A livello generale, appare chiaro come la sentenza della Corte Costituzionale non risolva in maniera chiara e definitiva il problema dei precari della scuola.

La sentenza lascia molto amaro in bocca perché pare ridurre anni di battaglie contro l’ingiustizia del precariato. La lenta stabilizzazione, che per alcuni arriverà tra anni, prevista dalla Legge Buona Scuola per i docenti (senza alcun risarcimento del danno) non può dare ristoro a tutti i danni subiti dai precari.

A seguito della pronuncia della Corte Costituzionale, il 7 novembre 2016 la Corte di Cassazione ha emanato 78 sentenze gemelle che hanno imposto criteri rigidissimi per valutare eventuali stabilizzazioni. 

Come suesposto, il lunghissimo percorso giuridico che ha condotto gli organi giudiziari a ritenere che legge 107/2015 sulla Buona Scuola sia “sufficiente a sanare mediante risarcimento in forma specifica la posizione dei docenti precari” non appare in alcun modo idoneo a stabilizzare circa 130.000 precari nella scuola.

A ben vedere, nemmeno il decreto Madia risulta sufficientemente incisivo, pertanto abbiamo motivo di ritenere che la lotta per la stabilizzazione dei precari proseguirà dinanzi ai Giudici di merito.

Ultima modifica il 03 Marzo 2017